Risposta inglese a Trump. "Con Kiev fino alla fine"

Starmer riceve e abbraccia Zelensky garantendogli appoggio. Oggi il summit dei leader europei, allargato a Nato e Canada

Risposta inglese a Trump. "Con Kiev fino alla fine"
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Mentre Donald Trump si riposa a Mar-a-Lago come il Thanos degli Avengers, dopo aver colpito in mondovisione l'orgoglio ucraino, mandato in tilt la solidità del blocco occidentale e forse anche la special relationship Londra-Washington, l'Europa riparte da Downing Street. Ieri, allo storico n.10, è stato ricevuto il presidente ucraino Zelensky: anteprima del vertice odierno con i Paesi europei sulla difesa comune. Il premier Keir Starmer, pure lui reduce da un faccia a faccia con Trump, ha anticipato il bilaterale (Zelensky doveva arrivare soltanto oggi a Londra) per rinsaldare la leadership gialloblù, e valutare in prima persona quanto profonde fossero le ferite lasciate dallo scontro verbale col tycoon.

La volontà espressa da Londra nel colloquio è di scongiurare una rottura con gli Stati Uniti. Impossibile anche solo immaginarla, se l'obiettivo è far finire la guerra, ragionano gli sherpa. Il presidente ucraino, attaccato perfino sull'outfit alla Casa Bianca, precisa allora che, a dispetto del «dialogo duro», gli Usa restano «un partner strategico dell'Ucraina». Chiarito il punto, Londra risponde presente; collante naturale diventato medicamentoso per un'Europa al bivio, su Kiev. «Zelensky ha il pieno appoggio del Regno Unito - dice Starmer in favore di camera dopo i volutamente ostentati abbracci - resteremo al suo fianco finché necessario». Il britannico aggiunge però che Londra ha determinazione «assoluta» e «incrollabile» per raggiungere «ciò che entrambi vogliamo, pace duratura per l'Ucraina basata su sovranità e sicurezza». Tamponate le ferite, la sorpresa. L'inquilino di Downing Street ha convinto Re Carlo III (che due giorni fa ha invitato Trump) a ricevere Zelensky, stamani, con tutti gli onori dopo l'umiliazione subìta a Washington. Operazione testuggine; seguita dai tweet di 22 capi di Stato e di governo Ue.

Non mollare, il messaggio collettivo a Zelensky. Si smarcano solo l'Ungheria di Orbán («L'Ue segua gli Usa e avvii negoziati diretti con Mosca», dice il premier magiaro) e la Slovacchia (che non sosterrà militarmente Kiev). Al vertice odierno, non invitati. Alla Lancaster House, attesi i leader di Francia, Germania, Italia, Danimarca, Olanda, Norvegia, Polonia, Spagna, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Romania; oltre ai vertici Ue e la Turchia, che parteciperà col ministro degli Esteri. E anche la Nato col segretario generale Rutte, primo ieri a chiedere al Zelensky di «riparare» i suoi rapporti con Trump: «Dobbiamo unirci, Stati Uniti, Ucraina ed Europa, per portare una pace duratura». Macron gli fa eco, auspicando la ripresa del dialogo tra i due, invitandoli alla calma e al rispetto reciproco, rilanciando il rischio Putin: «Si sposterà senza dubbio sulla Moldavia e forse anche sulla Romania», se non lo arginiamo.

Starmer, oltre a staccare un assegno come prestito a Kiev di altri 2,26 miliardi di sterline, prova intanto a dare un altro segnale di forza all'alleato americano: allarga il tavolo oltre i confini d'Europa. Chiamata last minute al Canada, il Paese che Trump vorrebbe vedere come 51° stella sulla bandiera. Confermata invece l'esclusione dei Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), irritatissimi. Riunione per decidere le future sorti dell'occidente; senza assecondare la visione dell'Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Kallas. «È chiaro che il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader, tocca a noi europei accettare la sfida», sostiene la ex premier estone. Tra i leader, prevale piuttosto la certezza che alleati storici non possano allontanarsi neppure dopo la virata a 360°. Tutti vogliono la pace. Ma tocca riarmarsi. Macron ricorda: è Putin a giocare con la terza guerra mondiale, non Zelensky. Divergenze di vedute restano su come «garantirla».

Con o senza scudo Usa? Il leader in felpa coglie intanto il pragmatismo chiesto da Starmer: «Pronto a firmare l'accordo sui minerali con gli Usa, sarà il primo passo verso le garanzie di sicurezza». O almeno per uscire dallo stallo.

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