Norcia, il racconto degli abitanti: ​"Vivi grazie all'ora legale"

Gli abitanti: “Ho deciso di andare a Roma da amici perché non ce la faccio più a vivere con questo clima”

Norcia, il racconto degli abitanti: ​"Vivi grazie all'ora legale"

Da Norcia. “Ci siamo salvati per l'ora legale: avessimo preso posizione alla stessa ora di ieri sarebbe stata una tragedia” spiega un ispettore dei Vigili del Fuoco, uno dei tanti inviati dai comandi della Penisola a Norcia, borgo storico dell'Umbria oggi zona rossa, dall'antica Porta Vetusta Nursia, alla Basilica di San Benedetto e fino alla Porta Orientale il centro storico nursino è inagibile e interdetto ai residenti e ai giornalisti.

L'ispettore appartiene al comando di Grosseto e sabato, insieme ai colleghi di Reggio Calabria, ha effettuato un primo rilevamento danni della Basilica, già duramente provata dal sisma del 24 agosto e del 26 ottobre e che oggi ha incassato il colpo di grazia.

Salvati dall'ora legale: lo spostamento indietro delle lancette nella notte fra il 29 e il 30 ha fatto sì che, al momento della scossa delle 7.42, i vigili fossero ancora in branda e non sulle impalcature.

Nel campo allestito dai VVF, dalla Protezione Civile e dal Sovrano Militare Ordine di Malta l'unità mobile di monitoraggio lotta contro i cali di tensione che bloccano computer e macchina cartografica, mentre tutto intorno i nursini riempiono di domande gli operatori: "Posso rientrare a casa" ; "Devo solo vedere come stanno le mie cose" ; "Mi faccia prendere le medicine, ci metto un attimo". Domande in apparenza banali, in realtà le uniche che riesci a formulare quando, in preda ad una comprensibile ansia, ti senti dire che non puoi rimettere piede nella tua casa, neanche per recuperare un farmaco.

“Mio figlio ha provato ad entrare per prendere le medicine che mi occorrono, ma i soccorritori non hanno voluto saperne” dice Adua, ottantenne che di “terremoti ne ho visto più d'uno ma questo, mi creda, li batte tutti. La scossa è arrivata mentre ero a fare colazione; la cosa che più mi ha sconvolta è stato quel ronzio, quel rumore sordo che accompagnava il tremore. Corsa fuori, ecco come sono adesso: col pigiama ancora addosso malgrado sia pomeriggio inoltrato”.

Accanto ad Adua, sono decine le persone che attendono, vanamente per oggi, di poter rientrare almeno per recuperare il minimo indispensabile. Il parco, nel frattempo, diventa un punto di ritrovo per darsi sostegno, riposarsi e, soprattutto, per non pensare a quanto accaduto solo poche ore prima. E' il desiderio, comune a tutti, i sopravvissuti ad una sciagura, di tornare alla normalità. E basta poco per evadere: la passeggiatina al bebé che, per sua fortuna, non si rende conto di quanto accade; o l'amichetta di scuola, con la quale fare due passi parlando di musica. A Norcia ti imbatti in una comunità umana ampia e variegata, dai soccorritori che bloccano gli accessi e che gridano nelle Midland, agli anziani che cercano un po' di calura sotto il sole autunnale. E, ancora, ragazzi che sorridono e che si prendono in giro all'arrivo di una troupe che chiede commenti a caldo.

In verità da commentare c'è poco: ristrutturata e restituita alla sua ancestrale bellezza dopo i tragici eventi dell'autunno 1997, Norcia è stata per molto tempo ambita meta vacanziera per la sua splendida posizione geografica, per le meraviglie del suo patrimonio artistico, per il relax e per il silenzio offerti dalla sua rigogliosa natura. Poi, dal 24 agosto la paura “di non poter tornare alla serenità di prima. Sai cosa? Proprio adesso che s'era iniziato a riprendersi, la terra ricomincia a tremare quasi che il destino ce l'abbia con noi” confessa Claudio, 30 anni, poco prima dell'arrivo della scossa che ha raso al suolo la Basilica.

“Ho deciso di andare a Roma da amici perché non ce la faccio più a vivere con questo clima”. Sì, perché più dello sciame sismico a pesare davvero sono il senso d'oppressione e i dubbi sul futuro che ti si affollano in testa, mentre lo sguardo corre per le antiche mura e torri medievali, crepate o del tutto abbattute dalla terra che trema e che nel suo moto stravolge anche la sacralità di luoghi come il Convento di Sant'Antonio Abate, la cui campana giace a terra, riversa su un tappeto di detriti.

In soli due mesi, ad Accumuli, Arquata del Tronto, Amatrice, Visso, Muccia, Camerino, Villa Sant'Antonio, Castelsant' Angelo sul Nera, Ussita, Norcia, Castelluccio hanno subito profonde ferite difficili da

rimarginare: ricostruire la casa di uno sfollato è possibile, anche in tempi brevi; restituire all'Italia parte della sua identità storica e religiosa finita in macerie appare, oggi più che mai, una missione impossibile.

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