"Mio nonno paterno fu fatto prigioniero dagli inglesi in Etiopia nel 1940 e venne deportato in Inghilterra, dove lavorò nei campi per tutto il periodo bellico. Quando tornò in Italia rimase sconvolto da una cosa: dagli italiani che sparavano addosso ad altri italiani. Agli occhi di chi era stato a lungo lontano dal nostro Paese, non esistevano partigiani e repubblichini. Esistevano soltanto italiani che si stavano sparando tra loro". E' così che Francesco Colafemmina, consigliere ad Acquaviva delle fonti, inizia la nostra intervista. E' questo, forse, il motivo che lo ha spinto a chiedere che venisse intitolata una via a Norma Cossetto, la giovane istriana brutalmente uccisa dai partigiani titini nel 1943.
Perché per lui, proprio come per suo nonno, non esistono italiani di serie A e italiani di Serie B. Così come non esistono morti di Serie A e morti di Serie B. Quelli uccisi tra il 1943 e il 1945 sono tutti italiani, fatti fuori in un tempo vigliacco, in cui ci si ammazzava tra fratelli. L'obiettivo di Colafemmina è quello di mettere le basi affinché si arrivi a una memoria realmente condivisa: "Per questo motivo, ho chiesto fin da subito che nella lettura della mozione fossero rimosse tutte le premesse che potevano apparire polemiche. Si è trattato di una forma di rispetto verso la stessa Cossetto. Volevo che restasse soltanto la parte condivisa, senza inserire aspetti personali o ideologici. Questo è stato molto apprezzato", racconta il consigliere comunale.
Perché le foibe, a distanza di oltre settant'anni da quei tragici eventi, dovrebbero essere ricordate da tutti, indipendentemente dal "credo" politico: "Mi hanno spesso accusato di proporre un argomento che interessa soltanto ai partiti di destra - racconta Colafemmina - ma ogni volta che mi attaccano in questo modo, la mia risposta è chiara: quando un consiglio decide interamente di condividere una intitolazione, la memoria non appartiene più solo a una parte ma a tutti. Quel ricordo tragico diventa quindi condiviso da tutti, e può avere anche la capacità di essere declinato nelle scuole e verso le nuove generazioni".
Spesso, inoltre, ci si perde in dettagli tanto macabri quanto inopportuni. Anzi, talvolta c'è pure chi cerca di minimizzare o quasi giustificare gli assassini, affermando che Norma, essendo figlia di un fascista, fosse in qualche modo colpevole. Ma non è così, come spiega Colafemmina: "Norma è una figura moderna, sia come ragazza autonoma sia come studentessa. Ha un forte richiamo sulla contemporaneità. I giovani dovrebbero assorbire il suo messaggio in maniera molto più immediata rispetto a quello di altre figure cadute nell'anonimato. In generale, stiamo parlando di una questione che riguarda i fondamenti dei principi repubblicani. Se noi dobbiamo attenerci a una magistero, dobbiamo attenerci ai magisteri dei presidenti della Repubblica. Ciò che dicono, allora è ciò che preserva la giornata del ricordo da tutte le progressive aggressioni storiche e revisioniste".
Nelle foibe, infatti, contrariamente a quanto raccontano i revisionisti, non finirono solamente fascisti e nazisti, ma anche migliaia di cittadini inermi: "Mi ricollego ad altri italiani morti nelle foibe. Tutta la storia di quegli anni è piena di contraddizioni. Nel momento in cui Norma finiva in una foiba, moriva il Castellaneta, tenente dei carabinieri, ucciso in un conflitto armato con i tedeschi sul fronte jugoslavo. Nel '45 anche i nomi di Giuseppe Anselmo e di un civile, un impiegato delle ferrovie, Giovanni Colangiulo, si trovano all'interno di un elenco provvisorio fatto dal primo sindaco di Trieste, Gianni Bartoli. Vediamo, insomma, che la realtà non guarda all'appartenenza politica o all'ideologia.
Le persone citate erano italiani morti in quel dato contesto bellico. Norma Crossetto ha l'aggiunta di essere una civile e una giovane ragazza, ovvero un essere inerme".Contraddizioni di un passato che, ora, si sta finalmente cercando di ricomporre.
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