Numeri e accoglienza

Chi scrive non vuole fare il processo su quanti soldi costi allo Stato ogni giorno un immigrato sbarcato in Italia. Né tanto meno vuole aizzare una sorta di guerra tra poveri

Numeri e accoglienza
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Chi scrive non vuole fare il processo su quanti soldi costi allo Stato ogni giorno un immigrato sbarcato in Italia. Né tanto meno vuole aizzare una sorta di guerra tra poveri. Semmai, in un momento in cui il governo in una congiuntura economica complicata stenta a trovare le risorse necessarie per mettere in piedi una legge di bilancio, questi dati offrono lo spunto per una riflessione e forniscono una pietra di paragone, specie se vengono confrontati ai costi del salario minimo, della pensione minima, del reddito di cittadinanza. In sintesi, a parte i 350 euro che vengono assegnati come aiuto di primo approdo, per ogni immigrato lo Stato spende 945 euro al mese (circa 32 euro al giorno).

È tutt'altro che poco se si pensa che ogni pensione minima pesa mensilmente sulla nostra previdenza 580 euro, che ogni percettore del reddito di cittadinanza single (almeno quelli che ancora ne godono) porta via all'erario 500 euro al mese. E ci sarebbe molto da congetturare anche se si prendessero come riferimento i salari minimi netti di diverse categorie. Ora, qualcuno può spiegare che quei soldi servono ad assicurare vitto e alloggio all'immigrato, certo. Ma anche il pensionato con i 580 euro al mese ci deve campare. Per cui si giunge alla conclusione che per gli immigrati clandestini lo Stato spende molto di più rispetto all'impegno che si assume verso altri cittadini.

Ora, al netto di ogni polemica, questi dati dovrebbero spingerci a guardare all'accoglienza, specie quella indiscriminata, anche sotto una luce squisitamente economica: noi sosteniamo un costo quotidiano ragguardevole per gli immigrati al confronto dell'aiuto che assicuriamo ad altre categorie deboli di nostri concittadini; e se poi l'inserimento nel mondo del lavoro di chi arriva o non funziona o non ha i presupposti per funzionare, se non riusciamo a ricollocarli in Europa, se non scappano dai centri di accoglienza, rischiamo di creare un'altra categoria di persone che passerà un bel pezzo della sua vita a bivaccare in qualche angolo del Belpaese.

Tutto ciò per dire che se si vogliono evitare nuove contraddizioni, che nel tempo possono trasformarsi in detonatori sociali pericolosi, l'unica strada che va perseguita è quella dei flussi legali. Apriamo le porte il più possibile, anzi oltre il possibile, a chi nel tempo è nelle condizioni di essere assorbito nel nostro sistema produttivo, a chi possiede i presupposti per integrarsi nella nostra società. Sugli arrivi illegali è necessaria, invece, una maggiore severità. Non solo per questioni di sicurezza o di impatto sociale, ma per ragioni puramente economiche.

Basta fare due conti. Quest'anno sono arrivati 100mila immigrati in più. Nella fase dell'accoglienza ci costeranno 1 miliardo e 134 milioni l'anno.

Per avere il permesso e diventare regolari, complice l'iter giudiziario, impiegheranno mediamente tre anni (dato del Viminale). Per cui in tre anni peseranno sulle casse dello Stato per 3 miliardi e 402 milioni. E parliamo - ripeto - solo di quelli che sono arrivati in più quest'anno. A volte i numeri sono più efficaci delle parole.

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