Le varianti ora fanno paura: Brescia ripiomba nell'incubo

Oltre 9.500 contagi in 21 giorni: scatta l'allarme. Ma l'Ats: "Qui facciamo più tamponi". Viaggio nella "terza ondata"

Le varianti ora fanno paura: Brescia ripiomba nell'incubo

Gli alpini gestiscono il traffico, danno indicazioni e persino qualche consiglio. Lo fanno ormai da lunghissimi mesi. Ma nella babele di auto in coda, ci sono anche operai al lavoro. In via Morelli i lavori sono partiti con la massima urgenza e il ritmo serratissimo. Nel principale hub tamponi di Brescia sono centinaia le persone che arrivano ogni giorno, così si è reso necessario costruire un secondo drive through.

È proprio grazie a questo centro che a Brescia si fanno tanti tamponi, più che nelle altre province lombarde. E tanti tamponi significa riuscire a individuare tanti contagiati da Covid. Così da settimane il Bresciano registra dati choc sulla diffusione del contagio: con 9.500 contagi in 21 giorni la provincia lombarda è tra le otto più colpite - considerando il numero di casi su 100.000 abitanti.

Per questo motivo dalle 18 del 23 febbraio tutta la provincia di Brescia entra in zona arancione rafforzata, con restrizioni più severe come la chiusura delle scuole d'infanzia, elementari e medie, il divieto di recarsi nelle seconde case, l'utilizzo dello smart working dove possibile e la chiusura della attivitа in presenza. Ad annunciarlo l'assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, dopo che il Comitato Tecnico Scientifico ha analizzato i dati bresciani.

In città l'atmosfera è confusa: da una parte la vita sembra scorrere come nelle ultime settimane, dall'altra negli occhi dei cittadini c'è un misto tra paura e insicurezza. Ma anche stanchezza, perché qui (forse più che nel resto d'Italia) il virus ha lasciato ferite profondissime. In centro le notizie arrivano alla spicciolata: qualcuno davanti al bar sussurra ad un altro: "Da stasera passiamo in zona arancione". E l'annuncio viene accolto con poco clamore, quasi come se i bresciani lo aspettassero.

"A Brescia evidentemente ci troviamo di fronte alla terza ondata", ha spiegato il consulente Guido Bertolaso parlando al Consiglio regionale della Lombardia, aggiungendo che il direttore dell'assessorato al Welfare Giovanni Pavesi "ha elevato il livello di attenzione delle rianimazioni da tre a quattro".

Bertolaso aggiunge poi che "la provincia di Brescia ha un'incidenza, ovvero un numero di nuovi casi, doppia rispetto al resto delle province lombarde. Allo stato attuale, la situazione è sotto controllo e gestibile rispetto all'autunno passato, in tutto il territorio regionale, tranne in provincia di Brescia, dove siamo di fronte alla terza ondata della pandemia. Uno stato che va aggredito immediatamente".

All'Ats di Brescia sanno bene quanto sia necessario intervenire e farlo subito. A spiegare contro chi sta combattendo Brescia è il direttore generale Claudio Sileo, che ci attende nel suo silenzioso studio: "È l'impatto delle varianti che stanno circolando in maniera importante a partire da gennaio". Per Sileo però non esiste alcun “caso Brescia”, se non per il fatto che si fanno più tamponi e che la terza ondata è arrivata qui più tardi che altrove: "Per raggiungere un'immunità di gregge dovrebbe essere stato contagiato il 70/80% dei bresciani. I dati molto alti dipendono anche dal fatto che qui facciamo più tamponi che altrove".

Tutte le Istituzioni locali, però, sono concordi sul fatto che troppe irregolarità sul distanziamento e frequenti assembramenti si sono verificati nel capoluogo durante i fine settimana, come spiega il sindaco di Brescia Emilio Del Bono: "In accordo col prefetto Attilio Visconti abbiamo richiesto interventi urgenti e massicci per evitare assembramenti".

Così, a quasi un anno esatto dall’inizio della pandemia, Brescia ripiomba

nell’incubo che nel 2020 l’ha vista triste protagonista di un’epoca storica drammatica. A cominciare dallo stress sui reparti di rianimazione, uno dei principali indicatori della gravità del contesto sanitario.

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