Perché Milano oggi è in crisi? Rifacciamone brevemente la storia recente. Il grande sviluppo economico industriale negli Anni' 60-'80 è avvenuto soprattutto nel Nord col suo centro in Milano. È qui che sono nati i grandi marchi che si sono affermati nel mondo. Questa impetuosa crescita si è espressa politicamente anche nel movimento autonomistico della Lega. Poi è iniziato il processo di globalizzazione con una forte deindustrializzazione e un aumento del terziario, dove però nei settori chiave come l'informatica, il commercio e le comunicazioni, si sono subito imposte come dominanti le grandi sovranazionali: Apple, Google, Amazon eccetera.
Milano è diventata una delle grandi città-mercato del mondo e ha raggiunto il suo apogeo con l'Expo del 2015. A questo successo non corrispondeva però in Italia un clima politico ideologico favorevole. Stava diffondendosi la reazione alla mondializzazione: un cocktail ideologico composto dal mito della decrescita felice, della democrazia diretta e dal centralismo assistenziale. Tutte queste forze sono confluite nel grillismo che è riuscito ad andare al potere prima con la Lega di Salvini poi col Pd. L'unica forza non centralista era quella di Berlusconi, ma impotente.
È in questo clima ostile che si è abbattuto su Milano e la Lombardia il Covid: muore la popolazione, sono fermi i trasporti, bloccati i mercati, lo smart working aumenta il lavoro domestico, chiudono i negozi, si svuotano gli uffici. Il governo di Roma prende tutto nelle sue mani: le proibizioni giornaliere, la vaccinazione della popolazione, i massicci investimenti pubblici.
Il Nord è desautorato. Oggi a Milano gli imprenditori si sentono impotenti, sanno che dovranno affrontare un mondo economico cambiato e che potrebbero non farcela.
Sanno che il resto del Paese sopravviverà grazie agli impieghi pubblici, ai sussidi, ma non riuscirà a generare sviluppo. Sono cupi, non parlano, sperimentano e si preparano alla battaglia finale. Ma sono ben consapevoli di essere soli.
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