"A nostra figlia ho detto che la mamma è in cielo": lo strazio del compagno di Laila

"Non è la prima volta che la fustellatrice dava problemi", racconta il compagno di Laila El Harim con la quale stava insieme da oltre 20 anni e aveva programmato il matrimonio

"A nostra figlia ho detto che la mamma è in cielo": lo strazio del compagno di Laila

"Non si può morire sul lavoro, non deve succedere più", dice Manuele Altiero, compagno di Laila El Harim, italiana di origini marocchine morta in una fabbrica in provincia di Modena perché rimasta incastrata in una fustellatrice.

Manuele ha 39 anni, un passato da azzurro juniores nel nuoto pinnato e oggi è un operaio specializzato, "stampatore offset", oltre che il papà di Rania, l'unica figlia avuta insieme a Laila. I due non ancora sposati avevano intenzione di compiere a breve il grande passo, il prossimo giugno in Puglia, terra natale di suo padre venuto al Nord per cercare lavoro e fortuna. Quest'ultimo ha trovato entrambi: è diventato un operaio Fiat e ha sposato una donna di Modena. Manuele e Laila, invece, si sono conosciuti il primo luglio di 20 anni fa, nel 2001, perché lavoravano insieme. Quello stesso anno si sono fidanzati e non si sono più lasciati. Proprio lo scorso mese Manuele le aveva regalato l'anello e le aveva fatto la proposta di matrimonio. "Quelle nozze davanti a nostra figlia sarebbero state bellissime... Poi magari un giorno avremmo coronato il sogno dell’acquisto di una casa al mare. Che a Laila piaceva tantissimo", racconta l'uomo intervista dal Corriere. Il tre agosto, però, è accaduto l'imprevedibile.

"Con il cuore in gola, macinando in testa tutto il film bello e irripetibile della vita trascorsa assieme a lei ho lasciato il mio posto di lavoro (a Bomporto) e in 20 minuti ho raggiunto Camposanto, la sede della Bombonette". Quindici interminabili chilometri nella campagna della Bassa Modenese fino alla fabbrica dove lavorava la compagna.

"Mi ha avvertito alle 9 di mattina, con una telefonata, un mio ex datore di lavoro, socio dell’impresa dove circa un paio di mesi fa era stata assunta la mia compagna. Non è riuscito a dirmelo chiaramente: “Laila ha avuto un brutto infortunio, corri qui...”. Non ha aggiunto altro. Ma io ho capito tutto", sono le parole di Manuele. Quando è arrivato erano presenti i mezzi dei vigili del fuoco e le auto dei carabinieri ma non erano presenti ambulanze, il primo fattore che ha fatto capire al compagno di Laila che la situazione era molto piàù grave di quanto potesse immaginare. A spiegargli l'accaduto è stato proprio un carabiniere, il quale prendendolo da parte gli ha esposto i fatti: la sua compagna è morta a causa di un incidente avvenuto dentro l'impianto, il macchinario dove è rimasta incastrata la donna di appena quaranta anni è una fustellatrice.

Ha deciso comunque di entrare nel capannone dove era presente il corpo di Laila esamine coperto da un lenzuolo bianco per poter starle vicino almeno un'ultima volta. Alla figlia Rania di appena 5 anni, invece, consigliato da una psicologa del Comune di Bastiglia, dove vive, ha raccontato l'accaduto senza giri di parole. "Mamma purtroppo ha preso una botta forte, è andata in cielo", ha detto Manuele alla bambina, la quale si è stretta al padre abbracciandolo a lungo.

La vittima aveva da poco cambiato ditta. Lavorava da appena due mesi alla Bombonette. Aveva deciso di cambiare perché "la famiglia Setti, i proprietari, l'aveva fortemente voluta sapendo quanto fosse brava sulla fustellatrice". "La pagavano meglio di prima. “O cambio ora o mai più” si era detta. Con i Setti, sia il padre Fiano che il figlio Daniele, si era trovata bene, questo è vero".

Allo stesso tempo però Manuele non si dà pace: "Io capisco che si debba fare qualcosa in più... Ma la sicurezza viene prima. Ogni giorno attorno a quella fustellatrice c’era un elettricista, c’erano dei problemi. Laila, inoltre, doveva occuparsi dell’avviamento su tutte le apparecchiature, istruendo anche un apprendista. Che martedì purtroppo era assente perché è andato a vaccinarsi".

Una donna che spesso arrivava a lavorare anche 11 ore al giorno ma che una volta tornata a casa, nonostante la stanchezza, era sempre in grado di sorridere e trasmettere allegria alla sua famiglia.

L'unica speranza, ormai, che ha il compagno è che si riesca ad "andare oltre al senso dell'inchiesta" perché "devono essere le autorità, e la politica, a pretendere la verità su cosa è successo alla mia Laila. Glielo dobbiamo. Non si può morire sul lavoro, non deve succedere più".

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica