Oltre un milione di donne vittime di molestie sessuali sul posto di lavoro

Un dato pari all’8,5 % delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione

Oltre un milione di donne vittime di molestie sessuali sul posto di lavoro

Un milione e 308 mila donne tra i 15 e i 65 anni, nell’arco della vita, sono state vittime di violenze, ricatti e persino stupri . Ma in Italia parlare di molestie sul lavoro, in casa e in famiglia è ancora tabù per molti. Questo secondo i dati dell’Istat. Molti di questi soprusi infatti non vengono denunciati . Ma da chi avvengono queste violenze? Nel 62% dei casi chi commette violenza, quella più grave è proprio il partner, gli ex fidanzati o mariti, gli amici di famiglia. Poi c’è un altro dato considerevole riportato dall’Istat. Sono infatti 1 milione e 224mila le donne che sono state vittime di ricatti sessuali nell’arco della loro vita lavorativa. Un dato pari all’8,5 per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. Le molestie rappresentano il 31,2 per cento, i ricatti e le richieste di disponibilità il restante 68,8 per cento. Le richieste arrivano sia al momento dell’assunzione che per un avanzamento di carriera. Minimo comune denominatore delle vittime è un titolo di studio elevato. Come già detto rimane per le vittime di mobbing sessuale, estremamente difficile denunciare il proprio datore.

I motivi? Tutti riconducibili alla paura di perdere il lavoro o di ritrovarsi a lavorare il doppio e in situazioni spiacevoli. Un mix di ricatti, battutine e mobbing vissuti spesso nel silenzio. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’81,7 per cento dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Solo il 18,3 per cento racconta la propria esperienza ai colleghi. Ma il confine tra semplici complimenti e molestia sessuale è piuttosto sfumata e difficile da definire. La molestia sessuale si colloca ad uno stadio successivo rispetto a quella morale. E interessa in realtà sia le donne che gli uomini, ma la maggior parte degli episodi denunciati o raccontati vedono le donne nel ruolo di vittime. I molestatori, spesso ad un gradino più alto nella scala gerarchica rispetto alle vittime, vogliono esercitare il proprio potere sulla donna, la considerano "a propria disposizione", un oggetto sessuale che deve assecondare ogni richiesta, e, anzi, esprimere riconoscenza per il solo fatto di essere stata preferita e privilegiata. La donna subisce mortificazioni e vere e proprie aggressioni nel caso tenti di respingere le attenzioni per poi vedersi generalmente accusata di aver provocato ed eccitato il molestatore.

La molestia sessuale ha diversi volti, tra questi l'attenzione sessuale non desiderata (complimenti spinti, commenti a voce alta), il ricatto sessuale (ad esempio con l'implicita minaccia di un licenziamento) e l'aggressione sessuale vera e propria.. A volte si fa abuso del proprio potere per mascherare la propria incompetenza: se qualcuno, ed in particolare una donna, costituisce un ostacolo o in generale rappresenta una minaccia, deve essere allontanato, penalizzato. Queste persone agiscono con l'intento di disarmare la donna, impedendole di difendersi. Se la dipendente ha capacità, creatività, si fa in modo di boicottare il suo spirito di iniziativa, le si impedisce di pensare, la si persuade della sua incompetenza e, se la sfortunata reagisce, si fa in modo di isolarla, la si ignora, si boccia qualsiasi sua proposta Proprio come è andata la storia di Olga, 35 anni romana e consulente legale in un noto studio notarile della Capitale: “Inizialmente mi cercava ad ogni ora del giorno, anche la notte sul cellulare. Io non rispondevo. Allora ha cominciato a scrivermi messaggi espliciti e sempre più insistenti e volgari. Non contento ripeteva gli stessi via mail . Diceva di volermi portarmi a letto e che se ero d’accordo ci saremmo divertiti. Proseguo a non rispondere e in ufficio facevo finta di niente. Un mese dopo lo incontro nel corridoio. Mi dice, sprezzante: ti facevo una donna più intelligente. Capisco il senso della sua frase appena torno in ufficio. Per email, la direzione mi informa che ero sospesa dall’incarico. Da lì inizia il mio calvario.

Lui mi ha umiliato, dominato e controllato fino a quando grazie a due specialisti e un avvocato del Telefono Rosa a cui mi sono rivolta mi hanno aiutato in quel periodo. Lui è stato finalmente denunciato . Io comunque sia non sono tornata in quel posto di lavoro. Sono ripartita da zero da un’altra parte. La mia unica colpa? Essere donna”. .

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