La storia è questa. Alessandro Basciano, 35 anni, famoso dj, ex concorrente del Grande Fratello e influencer, giovedì scorso è finito in carcere perché la sua ex, Sophie Codegoni, lo ha denunciato per stalking e violenza. I giornali, quasi tutti, lo hanno descritto come un mostro. L'altro ieri Basciano, dopo aver passato due giorni in cella a San Vittore, è stato interrogato dal giudice Anna Magelli che ha appurato che le accuse erano infondate. Sui giornali era uscita la frase chiave: «Se mi lasci ti ammazzo». Quella frase Basciano dice di non averla mai pronunciata, non c'è stata violenza, niente pedinamenti, e la sua compagna, Sophie Codegoni, non ha mai avuto paura di lui.
Alessandro, come stai?
«Sono scosso. Ma ora sono anche sollevato. Nell'ordinanza di scarcerazione c'è scritto che io sono a piede libero perché i fatti non sussistono. La gip ha detto: Ma qui l'accusa è folle. Non c'è niente a suo carico».
Su che basi lo ha detto?
«Ha letto le chat che le abbiamo fornito. Recentissime. Dimostrano che non c'era nessuna violenza».
Ti ha colpito l'aggressione mediatica?
«Sono abituato a soffrire per ragioni mediatiche. Ma una cosa così non me l'aspettavo».
Raccontami del tuo arresto.
«Giovedì pomeriggio rientravo a casa dopo la palestra. Faceva anche molto freddo. Mi sono ritrovato una macchina dei carabinieri che parcheggiava davanti al portone. Mi son detto: non sarà mica per me? Per quel diverbio con l'amico di Sophie?».
Che diverbio?
«Parto dall'inizio. Fine ottobre. Con Sophie ci siamo visti a casa sua. Passiamo una serata in tranquillità con la bambina. Quando metto la bambina a dormire decidiamo di ordinare una cena. Abbiamo un rapporto sessuale. Poi lei mi dice: io parto insieme ai miei amici. Porto anche la bambina. Qualche giorno dopo la sento e lei mi dice che sta andando a cena al sushi con la sua manager. Va bene, niente gelosie».
Tu e lei siete gelosi?
«Non so. Certo ce ne siamo fatte di tutti i colori. Tutti e due. Ed è una delle ragioni per le quali ci siamo lasciati».
Quindi quella sera non succede niente?
«No. Qualche giorno dopo decido di comprarle una borsa di grande valore, e di scriverle una lettera. Vado a casa sua, incontro anche sua madre, con la quale ho pessimi rapporti. Lei è felice per la borsa e mi dice che la lettera la legge dopo. La sera mi scrive: Ti conosco meglio e più di chiunque altro, e quindi ti difendo a spada tratta quando qualcuno ti insulta. Sì, perché solo io posso insultarti... ah ah ah... nessun altro mai. Perché io e te abbiamo condiviso momenti unici e indimenticabili».
Beh, certo non è il messaggio di una che aveva paura di te...
«No. E ti posso mandare tutti i messaggi dei giorni successivi».
La giudice ne ha preso atto?
«Sì. Ha scritto nell'ordinanza che io sono stato sgarbato».
Ma hai detto che l'avresti uccisa?
«No. Mai».
Hanno scritto che hai detto: «Se non torni con me t'ammazzo».
«Falso».
Cosa succede nei giorni successivi?
«Il mercoledì mi chiama il pomeriggio alle 5 e mezzo. Siamo andati insieme a prendere la bambina all'asilo. Abbiamo riso e scherzato. Lei mi chiede che faccio la sera, e io le rispondo che vado a cena al Cipriani. E al Cipriani una mia amica mi racconta di avere incontrato Sophie proprio lì al Cipriani, con un uomo, proprio quella sera che mi aveva detto che andava al sushi con la sua manager».
Reagisci male?
«La chiamo, mi innervosisco. La sbugiardo. Le dico che lei può fare quello che vuole, ma non deve accettare la borsa da me e non mi deve chiedere di fare l'amore».
Sbrocchi?
«Sbrocco per la menzogna. Mi avvio verso il ristorante dove lei è a cena. Incontro la macchina di due suoi amici. La affianco al semaforo e inizia un diverbio. Loro reagiscono. Scendiamo e io, furioso, do una manata sul parabrezza e lo rompo, e poi due pugni e ammacco il cofano».
Finisce lì?
«Sì, ma uno dei due mi denuncia perché dice che gli ho dato un pugno. Non è vero. Non c'è stato nessun contatto fisico».
Lui era ferito?
«Sì, è andato al Pronto soccorso. Ma non c'è una prognosi. L'ho incontrato il giorno dopo al centro commerciale. Non aveva un graffio. Dopodiché ho chiesto al mio avvocato di mettersi in contatto con i loro legali per chiedere scusa e risarcire i danni».
Sophie ti ha accusato di non essere stato presente al parto.
«È falso. C'ero. E le ho pure pagato la clinica perché non voleva andare in ospedale».
È vero che le hai dato uno schiaffo?
«No. Si riferisce a un episodio a Mykonos. Litigai col mio manager e venni alle mani con lui. Lei intervenne per dividerci».
Minacce, pedinamenti, sessanta chiamate al giorno?
«È la storia di un paparazzo che la pedinò. Per fare uno scoop. Lei decise che lo avevo mandato io, mi denunciò. Ma poi ritirò la denuncia. Anzi, dopo quell'episodio siamo tornati insieme per qualche mese».
Tu desideri ancora tornare con lei?
«Ho sperato fino all'ultimo. Perché credevo che lei fosse solo una ragazza ferita. Lei era di una purezza e di una bellezza unica. Ora ho capito che lei è questo, non è la persona che ho conosciuto. Non è compatibile con me».
Per il male che ti ha fatto?
«No. Per la mancanza di fiducia».
L'hai sentita in queste ore?
«No. Non ha più risposto».
La bambina?
«Celine non la vedo da mercoledì. Ora voglio regolamentare l'affidamento».
Come sono stati i due giorni a San Vittore?
«Mi hanno trattato benissimo. Anche i carabinieri che mi hanno arrestato. Voglio ringraziarli come ringrazio la gip Anna Magelli e il mio avvocato difensore Leonardo D'Erasmo».
Oggi è la giornata contro la violenza sulle
donne, ti senti di dire qualcosa?«Le donne fanno bene a denunciare, ma prima di mandare in galera una persona si accertino che le accuse siano vere. Io pagherò un prezzo altissimo in termini di immagine e lavoro».
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