Vertice blindato in luogo misterioso: i leader di maggioranza si sono incontrati nel tardo pomeriggio di ieri. Ma i cronisti che aspettavano il loro arrivo a Palazzo Chigi sono rimasti a bocca asciutta. «Si sono incontrati a casa della premier» confermano, a vertice terminato, fonti di Palazzo Chigi. Assicurando che l'incontro «proficuo» si è concluso con la «massima condivisione».
Attorno al tavolo si ritrovano Giorgia Meloni, i suoi vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, e ovviamente il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. L'intento della premier, di ritorno da una settimana fitta di impegni all'estero, è quella di rimettere in sintonia i capi partito della sua coalizione, dopo giorni di battibecchi e contrasti su tutti i temi (dai tagli all'Irpef e al canone Rai al mandato di arresto della Corte penale internazionale contro Bibi Netanyahu) tra un Tajani uscito rafforzato dalle Regionali e pronto a giocare di sponda con Fdi per diventare l'ago della bilancia nella coalizione, e un Salvini in calo di consensi, con un partito in ebollizione tra le sfide di Vannacci e i malumori dei governatori del Nord, e che per questo alza i toni e cerca bandiere da imporre. Un'agitazione interna che faceva dire sabato a un dirigente di Fdi: «Quando il gatto non c'è, i partiti ballano». Per questo Meloni ha scelto di riunirli lontano dai riflettori e dagli assedi delle telecamere: ci sono da stringere i bulloni della manovra e del decreto fiscale (stasera, nella Commissione Bilancio del Senato, si inizia a votare), trovando un accordo sugli emendamenti di maggioranza, già più di duecento, cui dare luce verde. E va deciso chi sostituirà Raffaele Fitto, ora ai vertici della Commissione Ue, nella compagne governativa: «Una scelta che spetta a noi, essendo un ministro di Fdi», spiegavano ieri dal partito della premier. E poi ci sono i dossier Autonomia (dopo la pronuncia della Consulta la legge va modificata, anche per evitare un referendum che rischia di spaccare partiti ed elettori di centrodestra, tra Nord e Sud) e Consulta: ci sono quattro giudici in scadenza da sostituire, e si inizia a votare già la prossima settimana a Camere riunite.
«Parleremo della manovra economica, che si può aggiustare in Parlamento con l'accordo di tutte le forze di maggioranza», spiegava poche ore prima del summit il vicepremier di Forza Italia Antonio Tajani. Rassicurando sugli esiti del confronto: «Siamo sempre usciti con una posizione unitaria, non ci trattiamo male, un po' di dibattito politico serve». Mentre sulle esternazioni pro Bibi di Salvini taglia corto: «La linea del governo sulla politica estera è quella che indica il presidente del Consiglio e che il ministro degli Esteri applica».
Ogni partito arriva al tavolo con le proprie priorità: Salvini vuol ampliare la platea della flat tax portando il tetto a 85mila euro (ma bisogna ottenere una deroga dalla Ue, quindi la partita è rinviata al Def di primavera). E agita la bandiera del taglio del canone Rai da 90 a 70 euro.
Richiesta non ricevibile per Forza Italia («Ridicolo», dice Tajani) ma anche per Palazzo Chigi, da cui fanno sapere che il taglio sarebbe in contrasto con il Freedom Act e comunque dovrebbe essere compensato a carico della fiscalità generale. Per il leader azzurro l'obiettivo è «aiutare il ceto medio abbassando l'aliquota Irpef» dal 35% al 33%. Ma Giorgetti avverte: «Costerebbe 2,5 miliardi. Ci sono? La domanda si risponde da sola».
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