Mirto Milani ha raccontato l'omicidio dell'ex vigilessa di Temù, Laura Ziliani, vedova e impiegata comunale nel Bresciano, a Roncadelle: "Le abbiano dato i farmaci, poi le abbiano messo un sacchetto in testa e lo abbiamo chiuso. Laura non moriva e io e Silvia le abbiano stretto le mani al collo". La donna sarebbe quindi stata uccisa a mani nude. Questo è quanto emerge dagli interrogatori dei presunti colpevoli. Inizialmente il medico legale aveva ipotizzato che, dopo averla stordita, la vittima fosse stata soffocata utilizzando un cuscino premutole sul volto.
Avevano già tentato di ucciderla
Mirto Milani, Paola e Silvia Zani, due delle tre figlie della Ziliani, hanno anche ammesso di aver tentato di uccidere Laura una prima volta il 16 aprile, circa tre settimane prima dell’omicidio, giorno in cui le avevano fatto bere una tisana che la fece dormire per più di 48 ore. Secondo gli inquirenti quell’episodio sarebbe stato"il prodromo dell'omicidio". Invece, quel giorno non era stata solo una prova per vedere l’effetto del farmaco ansiolitico, ma un vero e proprio tentativo di uccidere la ex vigilessa. I tre presunti colpevoli hanno confessato durante gli interrogatori davanti al pubblico ministero: “A uccidere Laura, ci avevamo già provato, a metà aprile, mettendo i farmaci in una tisana dopo cena”.
Sarebbe però stato Mirto, fidanzato di Silvia e amante di Paola, a tirarsi indietro all’ultimo momento. Il ragazzo avrebbe asserito di non essere riuscito ad andare fino in fondo, a portare a termine il piano omicida, perché ha avuto paura. Il ‘trio criminale’, come è stato ribattezzato, avrebbe deciso in quel momento di scavare la fossa nel bosco che i carabinieri hanno trovato durante le indagini. Quella fossa che si trovava proprio a poca distanza dal luogo del ritrovamento del corpo senza vita della ex vigilessa, restituito lo scorso 8 agosto dalla piena del fiume Oglio. Quella buca non era però mai stata usata, perché troppo piccola e poco profonda, impossibile da coprire completamente. Era stata Laura Ziliani a raccontare il malessere provato in quell’aprile, dopo aver bevuto la tisana che l’aveva messa ko per oltre due giorni. Anche il suo compagno confermò poi le sue ‘condizioni del tutto anomale’ andate avanti per due giorni. Non era quindi stato solo ‘un prodromo’, come aveva ipotizzato il pubblico ministero Caty Bressanelli nella sua richiesta di custodia cautelare, ma un vero e proprio tentativo di omicidio andato male a causa di Mirto.
Chi era l'anello debole del trio
Dopo la confessione il ragazzo ha avuto un crollo emotivo ed è stato ricoverato in ospedale. Del trio criminale era quindi lui a creare problemi nell’attuazione del piano che secondo il gip era stato a lungo pianificato. Non la figlia maggiore, Laura, impiegata ed ex fisioterapista, che avrebbe procurato le benzodiazepine, né la figlia minore Paola, che dopo un primo momento di indecisione sarebbe diventata parte attiva. L’omicidio andò purtroppo a buon fine nella serata del 7 maggio. Anche quella volta era stata data alla Ziliani una tisana da bere con sciolto al suo interno il potente farmaco inibitore. Una volta stordita “le abbiamo messo un sacchetto in testa e abbiamo provato a strangolarla con una fettuccia in velcro”.
Ma Laura non voleva morire. “E allora l'abbiamo strozzata con le mani”, strette al collo, avrebbero confessato Silvia e Mirto. Poi la corsa in auto verso il fiume dove il corpo della ex vigilessa è stato nascosto sotto la terra e la vegetazione. Secondo quanto da loro stessi asserito non avrebbero ucciso per poter ereditare i soldi della madre, ma perché i rapporti famigliari erano molto tesi, ormai logori da tempo. Hanno descritto la loro madre come una donna dura, “che ci faceva sentire sbagliate, inadeguate”.
Le avrebbe sempre sminuite, paragonando i loro insuccessi alle conquiste che aveva invece avuto lei. Una versione che agli investigatori appare inverosimile. Mirto invece avrebbe preso parte al folle piano perché innamorato di Silvia, la sua ragazza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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