Paese senza opposizione

En plein del centrodestra nelle Regionali di Lombardia e Lazio, che rappresentano il 25% degli elettori del Paese

Paese senza opposizione

En plein del centrodestra nelle Regionali di Lombardia e Lazio, che rappresentano il 25% degli elettori del Paese. Risultato: la coalizione governa dappertutto in Italia e le Regioni rosse sono rimaste solo quattro (Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia). E ancora, la Lombardia, cioè la locomotiva italiana, è governata ininterrottamente dal centrodestra da quasi trent'anni. Ma, soprattutto, le elezioni di ieri hanno dimostrato che l'attuale centrosinistra, in tutte le sue variegate forme, non rappresenta un'alternativa seria dal punto di vista tattico, strategico, programmatico. Il che produce un dato sconcertante: in Italia manca l'opposizione, cioè la distanza dalla realtà di chi dovrebbe rappresentare sulla carta quell'altro pezzo di Paese, che ieri in buona parte ha disertato le urne, è ormai diventata siderale. Quel mondo che trasforma qualsiasi cosa, a cominciare dai diritti civili, in un fritto misto di ideologie è diventato un handicap per la corretta dialettica politica e un freno allo sviluppo (basta pensare all'ambientalismo, trasformato in un coacervo di slogan massimalisti).

Uno dei soggetti che dovrebbe garantire una virtuosa alternanza alla democrazia è venuto clamorosamente meno e rischia la polverizzazione. Il governo in questi mesi ha fatto pragmaticamente ciò che doveva tenendo conto della congiuntura difficile e al centrodestra va riconosciuta la capacità di stare insieme nella diversità, privilegiando il compromesso allo scontro anche su temi delicati come la politica estera. Ma al netto di questo, il vero problema del Paese è un'opposizione che non fa il suo mestiere. Racconta un'Italia che non c'è. Un bluff che solo le urne svelano e che non riguarda solo l'opposizione politica, ma anche i mondi della cultura, dell'informazione e dello spettacolo, che da punti di forza si sono trasformati in elementi di debolezza. La sinistra è sempre più su Marte. L'ultima settimana di campagna elettorale è stata esemplare da questo punto di vista. Quanta distanza c'era tra il palco di Sanremo e la realtà del Paese? Tanta. Anche argomenti seri sono finiti avvolti nella retorica di parte e si sono trasformati in una parodia di luoghi comuni.

Per non parlare dell'ennesimo tentativo di dividere la maggioranza sulla politica estera. Tutti sanno che l'opinione pubblica del Paese non è per nulla d'accordo con l'idea di dare carta bianca a Zelensky (per i sondaggi il 63% è contrario). Per cui esternare qualche dubbio o porre qualche condizione a Kiev non è peccato mortale. Nel contempo tutti sanno che non c'è un'altra maggioranza nel Paese che possa essere affidabile per l'Europa, per gli Stati Uniti, per la Nato e per Kiev più dell'attuale. Se ci fosse, ad esempio, un governo di sinistra nel quale la presenza dei 5stelle sarebbe indispensabile sul piano numerico, visti gli schieramenti di oggi, ebbene quel governo avrebbe interrotto da tempo la fornitura di armi all'Ucraina. Il primo a saperlo dovrebbe essere Zelensky.

Eppure la narrazione è stata un'altra. Perché la sinistra non racconta mai se stessa, ma punta sempre a distorcere l'immagine degli avversari. Poi ci pensano le urne a ristabilire la realtà, perché gli italiani avranno tanti difetti, ma non sono fessi.

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