Il pallone Macron si sgonfia già e in un mese crolla nei sondaggi

Macron, idolo della nostra sinistra, dimostra nei fatti di difendere soltanto i suoi interessi. E ci fa a pezzi

Il pallone Macron si sgonfia già e in un mese crolla nei sondaggi

Il pallone Macron si sta sgonfiando a una velocità anche superiore al previsto: andato al potere con un consenso popolare del 62 per cento sulle ali della sua fama di innovatore e salito addirittura al 64 dopo il primo mese di governo (caso unico nella storia della Quinta Repubblica), è invece precipitato di ben dieci punti al 54% - nel mese di luglio. Bisogna dire che è una sorte condivisa con quasi tutti i suoi predecessori, con la sola eccezione di Sarkozy, che godette di una «luna di miele» di oltre sei mesi, con una popolarità oscillante tra il 65 e il 67 per cento, prima di diventare a sua volta tanto impopolare da perdere poi le elezioni contro un avversario modesto come Hollande. Ma, nel caso di Macron, la subitanea caduta è stata una sorpresa: tutto sommato ha dato l'impressione di avere la stoffa del leader, ha svolto un ruolo positivo sulla scena internazionale tanto da far parlare i media internazionali di una specie di «resurrezione» francese, è riuscito a governare la sua eterogenea e un po' improvvisata maggioranza e ha continuato a far sperare in una positiva stagione di riforme.

Ha dovuto, è vero, sostituire subito ben quattro ministri, facendo sorgere dei dubbi sulla sua capacità di scegliersi i collaboratori giusti, ma sembrava che i cittadini non l'avessero presa troppo male. Invece, il malcontento covava sotto la cenere: la gente ha cominciato a rendersi conto che il suo era un governo raccogliticcio e pieno di gente inesperta (anche il consenso dell'ex gollista Edouard Philippe, da lui scelto come primo ministro benché non avesse mai retto un dicastero, è sceso di colpo dal 64 al 56 per cento), il piglio bonapartista esibito in alcune occasioni non è piaciuto negli ambienti che contano e secondo indiscrezioni di palazzo molti elettori sarebbero infastiditi anche dal ruolo vistoso e un po' inusuale assunto all'Eliseo da sua moglie (e maestra) Brigitte. Ma l'aspetto più preoccupante, per il giovane presidente, è che il sondaggio è stato realizzato dall'istituto Ifop per conto del Journal du dimanche su 1947 cittadini prima che egli commettesse il suo errore più grave: la pronta accettazione delle dimissioni del generale Pierre de Villiers, capo di Stato maggiore generale, il quale aveva protestato per il vistoso taglio (in contraddizione con il programma elettorale) delle spese per la difesa, proprio mentre l'esercito francese è impegnato in una serie di complesse operazioni nell'Africa subsahariana. De Villiers, ufficiale di grande prestigio, se ne è andato con dignità e senza aprire velenose polemiche politiche, ma è stato subito chiaro che l'opinione pubblica è dalla sua parte e l'episodio non mancherà di abbassare ulteriormente i consensi. Sebbene un 54% di consensi sia tutt'altro che catastrofico, specie se confrontato con i numeri di Trump e di vari leader europei, costituisce senza dubbio una svolta che avrà ripercussioni a vari livelli. All'interno, dove i sindacati hanno già cominciato ad agitarsi contro il presidente, renderà più difficile la realizzazione di quelle radicali riforme del mercato del lavoro che lo stesso Macron considera essenziali per rilanciare un'economia appena un po' meno anemica di quella italiana. Il calo di consensi potrebbe anche complicare il compito di mantenere compatto un partito, come «République en marche» che ha poco più di un anno di vita e in cui sono confluiti personaggi, anche di serie B, sia da destra sia da sinistra. Soprattutto, se non arresterà al più presto la frana, Macron incontrerà maggiori difficoltà a svolgere quel ruolo di «uomo nuovo» dell'Europa che voleva ritagliarsi. Invece di affiancarsi alla Merkel nella guida della Ue nonostante l'indiscussa superiorità della Germania, dovrà accontentarsi di farle per così dire da scudiero.

Per il momento, però, continua per la sua strada: proprio mentre si diffondevano le cattive notizie, riceverà oggi contemporaneamente all'Eliseo il premier libico El Serraj, appoggiato da Onu e Occidente e il suo grande rivale, il generale

Haftar sostenuto da Egitto e Russia. Con questa iniziativa si è in realtà assunto un compito che, nei progetti originari, avrebbe dovuto spettare all'Italia. Ma noi, in questo momento, sembriamo in altre faccende affaccendati.

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