Francesco lo aveva anticipato a luglio nell’intervista concessa a Phil Pullella della Reuters e oggi è arrivata la conferma: è stato prorogato l'Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi. L'intesa sarà valida per un altro biennio. Si tratta della seconda proroga dopo quella siglata il 22 ottobre 2020 che prolungava quanto stabilito la prima volta il 22 settembre 2018.
L'annuncio è arrivato oggi con un comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede nel quale si chiarische che "la Parte Vaticana è intenzionata a proseguire il dialogo rispettoso e costruttivo con la Parte Cinese, per una proficua attuazione del suddetto Accordo e per un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali, in vista di favorire la missione della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese".
Quattro anni dopo la sua firma, il contenuto dell'Accordo resta ancora segreto. Dal 2018, a fronte di una quarantina di sedi episcopali vacanti in Cina sono state solo sei le ordinazioni. Nonostante la riservatezza del contenuto, in questi anni sono filtrate indiscrezioni che fanno capire come la parte vaticana non sia in posizione di forza: in un articolo del quotidiano della Cei "Avvenire" a firma di Stefania Falasca veniva spiegato che "la Santa Sede accetta che il processo di designazione dei candidati all’episcopato avvenga dal basso, dai rappresentanti della diocesi anche con il coinvolgimento dell’Associazione patriottica". Quest'ultima è un'organizzazione controllata dal governo cinese. Un aspetto che ha sollevato le preoccupazioni di chi teme lo strapotere delle autorità statali cinesi nella scelta dei vescovi e, di conseguenza, la loro fedeltà a Roma.
I vertici della Santa Sede sono consapevoli del fatto che il prolungamento non farà piacere a molti cattolici cinesi e non solo: è quanto traspare anche da una risposta data dal cardinale Luis Antonio Tagle, potente pro-prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione di madre cinese, che in un'intervista all'agenzia "Fides" ha spiegato che "fin da quando questo processo è iniziato, nessuno ha mai manifestato ingenui trionfalismi" nella consapevolezza che "l’accordo stesso poteva suscitare incomprensioni e disorientamenti".
L'Accordo, infatti, non ha messo fine alla situazione difficile di vescovi e sacerdoti cinesi: ad Hong Kong, ad esempio, è in corso il processo al novantenne cardinale Joseph Zen accusato dalle autorità filocinesi di collusione con le forze straniere per aver gestito un fondo che raccoglieva soldi per pagare le spese mediche e legali agli attivisti pro-democrazia in prigione per le proteste del 2019.
Di recente, sul volo di ritorno dal Kazakistan, papa Francesco ha parlato del suo caso, dicendo che "il cardinale Zen è un anziano che andrà a giudizio in questi giorni, credo. E lui dice quello che sente, e si vede che ci sono delle limitazioni lì. Più che qualificare, perché è difficile, e io non me la sento di qualificare, sono impressioni, cerco di appoggiare la via del dialogo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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