Se non è una crisi diplomatica, poco ci manca. La convocazione del nunzio apostolico, monsignor Visvaldas Kulbokas da parte del governo di Kiev dimostra tutto il malumore con cui le autorità ucraine hanno accolto le parole di pietà pronunciate dal Papa per la morte di Darja Dugina, figlia del filosofo russo euroasiatista Aleksandr Dugin.
Nell'udienza generale di mercoledì, Francesco ha rivolto un nuovo appello per implorare "la pace per l’amato popolo ucraino", ma ha anche avuto modo di commentare l'attentato costato la vita alla giovane giornalista putiniana. Condannando "la pazzia della guerra" che è una "pazzia di tutte le parti, perché nessuno in guerra può dire di non essere pazzo", il pontefice argentino ha aggiunto a braccio che sono gli innocenti a pagare la guerra e, a questo proposito, ha fatto riferimento a colei che ha definito "una povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca". L'Fsb, il servizio di sicurezza federale russo, ha attribuito la responsabilità dell'esplosione a Natalya Vovk, una donna di nazionalità ucraina che in passato avrebbe fatto parte delle forze armate del suo Paese e che da un mese seguiva tutti i movimenti della vittima.
Il discorso in udienza generale non è affatto piaciuto a Kiev che ha protestato tramite l'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash bollandolo come "deludente" perché "non si può parlare con le stesse categorie di aggressore e vittima, stupratore e stuprato" ed esprimendo stupore per il fatto che il papa abbia citato "uno degli ideologi dell'imperialismo russo come vittima innocente".
Più tardi è arrivata una reazione anche più significativa: la convocazione del nunzio apostolico in Ucraina decisa dal ministero degli esteri guidato da Dmytro Kuleba per esprimere "disappunto" nei confronti delle parole del papa che avrebbero "ferito" il "cuore ucraino". Una recriminazione che pesa sulle relazioni con la Santa Sede e che segue quella espressa nello scorso aprile in occasione della partecipazione di una donna russa alla Via Crucis al Colosseo, al fianco di una sua amica ucraina. Anche allora, monsignor Visvaldas Kulbokas venne convocato al ministero degli esteri e messo al corrente delle perplessità del governo di Kiev.
Kuleba ha manifestato la sua delusione per la posizione del papa proprio nelle stesse ore in cui elogiava, invece, il governo Draghi per il sostegno finanziario alla resistenza ucraina alla presenza del suo omologo italiano, Luigi Di Maio. Una circostanza che ha evidenziato come sulla guerra Francesco abbia adottato un approccio decisamente meno 'atlantista' rispetto a Palazzo Chigi, pur rimanendo fermo sulla condanna dell'invasione russa. C'è, d'altra parte, la preoccupazione per un'eventuale interruzione dei già difficili rapporti ecumenici costruiti in questo quindicennio con il patriarcato di Mosca che, però, non ha ancora digerito l'intervista al Corriere della Sera nella quale Bergoglio aveva detto che Kirill non può diventare il "chierichetto di Putin".
Quella definizione e il racconto critico della videochiamta intercorsa tra i due leader religiosi il 16 marzo avevano suscitate le ire dei vertici della Chiesa di Mosca che aveva parlato in una nota di "toni sbagliati" da parte del papa.
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