Omicidio di Yara Gambirasio, torna a parlare il presunto colpevole Massimo Bossetti, che continua disperatamente a gridare la propria innocenza da dietro le sbarre della cella del carcere di Bollate (Milano) in cui è rinchiuso dal 2019.
Il muratore di Mapello, che aveva richiesto il trasferimento nella struttura del milanese a causa del fatto che la casa circondariale di via Monte Gleno a Bergamo non avesse specifici programmi di lavoro per i detenuti, spera che la verità sulla vicenda possa finalmente venire fuori, per sè stesso ed anche per la vittima di quell'efferato omicidio."Yara non ha avuto giustizia, io sono dietro le sbarre ma non sono il colpevole", dice infatti Bossetti.
Sono passati oramai dieci anni da quel terribile 26 novembre 2010, quando la allora 13enne Yara Gambirasio era improvvisamente scomparsa da Brembate di sopra (provincia di Bergamo). Dopo la palestra, la giovane sarebbe dovuta rientrare a casa, ma non vi fece mai ritorno. Iniziarono le ricerche, che si conclusero tragicamente tre mesi dopo (26 febbraio 2011) con il rinvenimento del corpo senza vita della 13enne in un campo incolto a Chignolo d'Isola. Sul cadavere furono individuati, grazie all'autopsia, colpi alla testa e coltellate inferte al collo, ai polsi ed alla schiena. Ferite che, tuttavia, non provocarono immediatamente il decesso della giovane, la quale perì a causa del freddo.
"Io non voglio uscire per un cavillo, voglio uscire perché la perizia sul Dna dimostra che non sono un assassino", dice Bossetti tramite il suo legale Claudio Salvagni, come riporta Adnkronos. Ad inchiodare il presunto omicida era stato essenzialmente il test del Dna, che aveva rivelato delle coincidenze tra il materiale genetico di Bossetti e quello del cosiddetto "Ignoto 1" ricostruito sulla scena del crimine.
"Contro di me c'è un Dna strampalato, sto ancora aspettando le prove vere" dichiara Bossetti tramite l'avvocato Salvagni, puntando il dito contro il ripensamento della Corte d'assise di Bergamo che in un primo momento aveva consentito e successivamente negato ai difensori del muratore la possibilità di visionare tutti i reperti portati a processo dall'accusa, tra cui gli abiti della vittima e la traccia genetica considerata la chiave di volta dell'incriminazione.
Per il prossimo gennaio 2021 è prevista la pronuncia da
parte della Corte di Cassazione sul ricorso presentato dai legali Paolo Camporini e Claudio Salvagni. In caso di esito positivo si potrebbero iniziare le complesse operazioni per una revisione del processo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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