Parrocchia di San Mamolo, bufera sul laboratorio pro sardine

Il parroco prende le distanze dal progetto dell'associazione pro sardine, ma ringrazia Vicini d'Istanti per alcune attività svolte

Parrocchia di San Mamolo, bufera sul laboratorio pro sardine

Una parte di Chiesa cattolica è in linea con le posizioni politiche delle "sardine": non è un mistero. Quello che è accaduto nel bolognese, però, può rappresentare, almeno per ora ed in relazione agli ambienti cattolici, un unicum in termini di appoggio diretto. Per quanto don Carlo Bondioli, parroco delle chiese di SS.Annunziata e San Mamolo, abbia almeno provato a ridimenzionare la vicenda, facendo comprendere attraverso una nota ufficiale, che è apparsa su questo sito, come l'Associazione Vicini d'Istanti - la protagonista del caso mediatico - abbia realizzato le "sardine di stoffa" in maniera libera e sovrana, la vicenda continua ad essere parecchio discussa.

Sullo sfondo, del resto, c'è anche la prossimità idealistica. Quella che tanti monsignori e sacerdoti, e persino qualche cardinale, hanno manifestato dalla prima discesa in piazza del movimento anti-Salvini in poi. L'antipopulismo dimora in tante sagrestie, lo sappiamo. La storia è più o meno questa: la onlus sopracitata ha dato vita ad un progetto "sardinesco", ossia la composizione di quelle che La Verità - che questa mattina è tornata sul caso - chiama appunto "sardine di stoffa". Poi gli oggetti sono stati promossi e venduti via web. Il prezzo? 8 euro a "sardina di stoffa". Tranne in un caso: a Bologna le hanno vendute a dieci. Trattasi, con ogni probabilità, di scelte di mercato. E Vicini d'Istanti ha a che fare con la realtà parrocchiale guidata dal sacerdote perché la sede, grazie ad un contratto di comodato d'uso, è rintracciabile all'interno di alcuni locali di proprietà della chiesa. Don Carlo Bondioli si chiama fuori: "...aver anche solo lasciato intendere questa correlazione, che non corrisponde al vero, ha ingenerato una diffidenza e una confusione che intendiamo qui sciogliere, rivendicando, d’altra parte, la legittimità e la piena autonomia delle scelte della Parrocchia". La parrocchia, insomma, non può aver influito su quanto messo in campo dalla onlus, che insomma ha fatto tutto da sola.

Si conosce il beneficiario delle vendite? Pare che i soldi siano destinati alle "sardine" stesse. Sulla fonte citata, c'è una specificazione: i compensi erano stati pensati per "aiutare il gruppo 6000 sardine ad autofinanziarsi per coordinare al meglio le sardine sparse per l' Italia; sostenere il progetto della Caritas diocesana dedicato ai rifugiati Sportello legale protezioni internazionali e fondo garanzia affitti; contribuire al progetto della sartoria Vicini d' Istanti e di altre sartorie sociali". E in queste tre fattispecie sarebbero finiti.

Il fatto che a realizzarli possano essere stati dei migranti, poi, configura di sicuro un dettaglio irrilevante. Non è quello il punto. Il tema, meglio dire il quesito, è questo: può una chiesa coadiuvare un disegno che sembra proprio avere delle finalità di sostegno politico? Esiste anche qualche altro "però".

Una associazione che non deve nulla al legittimo proprietario per l'utilizzo dei locali, ma che all'interno di questi ultimi disegna una strategia di ausilio per le "sardine" può davvero essere definita autocefala rispetto alla parrocchia? "Il modo con cui la Parrocchia concepisce i propri spazi è che siano luoghi, oltre che di preghiera e di formazione cristiana, anche aperti all’incontro, al dialogo e al confronto tra le persone del nostro territorio", don Carlo, che non ha nascosto alcuni suoi placet rivolti alle attività dell'associazione, la pensa così.

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