Tecnicamente il suo contratto scade a gennaio 2026, quindi a meno di violazioni gravi dei suoi doveri non può essere «cacciato», come chiede qualche giornale. E tuttavia Biagio Mazzotta, Ragioniere Generale dello Stato, una lunga carriera interna al ministero dell'Economia, dovrebbe avere la sensibilità istituzionale di comprendere che l'aver sottovalutato a più riprese l'ampiezza della voragine che stava scavando il Superbonus nei conti pubblici, ha come conseguenza inevitabile le sue dimissioni. Tutti possono sbagliare, ma ci sono errori che diventano capitali se mettono a repentaglio la sicurezza finanziaria di un Paese, e che perciò reclamano gesti adeguati ed esemplari.
Intendiamoci, Mazzotta non ha colpe nell'aver generato lo scriteriato provvedimento che, nonostante la gravità del danno, ancora oggi quel genio imbattibile di Giuseppe Conte si vanta di aver tenuto a battesimo; ma è certamente sua la colpa di non aver previsto quanto sarebbe costata ai contribuenti italiani l'applicazione generalizzata e senza limiti di un bonus al 110%. Il compito del Ragioniere dello Stato è infatti garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche, fino a suggerire il blocco di leggi di spesa che mettono a repentaglio la tenuta dei conti. Il fatto che ancora oggi il governo non sia in grado di fissare la profondità della voragine provocata dal Superbonus (si parla di 200 miliardi, ma probabilmente non è finita), ben giustifica la decisione del ministro Giancarlo Giorgetti di varare un decreto che sterilizza definitivamente gli effetti dei vari bonus edilizi, compresi quelli in vigore nelle zone del sisma. Ma ciò non può essere privo di conseguenze nella linea delle responsabilità. D'altronde, basta ricordare la previsione di spesa alla nascita del Superbonus e del Bonus facciate (40 miliardi) e confrontarla con quella del 2022 (85 miliardi) e con la revisione dello scorso anno (112 miliardi) per avere un'idea dell'ampiezza dell'errore. E vale anche domandarsi per quale ragione l'ex premier Mario Draghi, che pure aveva fortemente criticato il provvedimento perché gravido di conseguenze per il bilancio dello Stato e per come stava pesantemente alterando la dinamica dei prezzi, non abbia agito di conseguenza lasciando a Giorgetti l'ingrato compito di mettere fine a questa follia.
Ciò detto, si resta basiti nell'apprendere che Mazzotta sarebbe disposto ad anticipare la sua dipartita a condizione che gli sia garantito nell'ambito delle istituzioni un posto di prim'ordine, in linea con il profilo da super tecnico quale egli si considera, almeno per il periodo (cinque anni) che lo divide dalla pensione. Non è paradossale?
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