Pecore come tosaerba, dubbi e criticità sulla trovata della Raggi

Il progetto ecopascolo divide i romani. E per chi ha creduto che le pecore potessero sopperire alle falle del servizio giardini è arrivata una bella doccia gelata

Pecore come tosaerba, dubbi e criticità sulla trovata della Raggi

“So che se si portano le pecore in un parco, o in un terreno dove comunque c’è l’erba, le pecore puliscono”. Anna Innocenzi, proprietaria dell’azienda agricola La Vaccareccia, non ha dubbi sulla bontà dell’intesa siglata giovedì scorso da Campidoglio e Coldiretti. Siamo nel parco della Caffarella, uno dei principali polmoni verdi della Capitale, dove l’ecopascolo esiste da più di quarant’anni. Proprio qui, nel lontano 1977, le pecore hanno iniziato a pascolare e brucare diligentemente l’erba. “Alla Caffarella - prosegue - funziona”. Insomma, a sentire questa professionista del settore, con qualche accorgimento il “modello Caffarella” potrebbe tranquillamente esser esportato altrove.

Ma cosa ne pensano i romani? Percorrendo il sentiero che ci ha condotto all’azienda della signora Innocenzi, abbiamo incontrato decine di persone, di tutte le età, e ognuna di loro ci ha detto la sua. “Le pecore? Dopo maiali e cinghiali, a Roma ci mancano solo quelle”, ironizza uno studente fuori sede che incontriamo a pochi passi dall’ingresso. Gli fa eco un simpatico pensionato: “Per me andrebbe pure bene, basta che poi ci regalano un po’ di ricotta”. Una signora sulla sessantina, invece, è abbastanza stizzita: “Le pecore - afferma storcendo il naso - fanno la cacca”. Qualche panchina più in là, un ragazzo osserva: “È un’idea economica, perché no? Solo che poi ci vuole qualcuno che recuperi gli escrementi”. Ma allora, replica polemico un ciclista, “non converrebbe direttamente assumere più giardinieri?”. Sì però, “vuoi mettere la poesia delle pecorelle nel cuore di Roma?”, spiega una signora. “È una cosa educativa per i giovani”, prosegue la sua amica lamentando che “i ragazzi di oggi hanno perso il contatto con la natura”.

Anche perché, piacciano o meno, per molti romani questa idea, “innovativa” secondo alcuni e “bizzarra” per altri, è diventata un appiglio. “Sotto casa mia - spiega un trentenne a passeggio con il cane - l’erba è così alta che mi arriva alla spalla”. Panorami simili a quelli evocati dal nostro interlocutore si possono ammirare a tutte le latitudini capitoline. Nel IV Municipio, ad esempio, i residenti hanno inscenato un insolito flash-mob di protesta. Lungo via Palmiro Togliatti, via Grotta di Gregna e nei giardini di zona sono comparse decine di sagome di cartone raffiguranti gli animali esotici più disparati. “L’erba - fanno sapere i cittadini - non viene tagliata da settimane”. E le strade si sono trasformate in una vera e propria giungla.

Ma, attenzione, per chi ha creduto che le simpatiche bestioline potessero sopperire alle falle del servizio giardini è arrivata una bella doccia gelata. L’ecopascolo, infatti, interesserà solo “le aree verdi agricole o di campagna”. Così ha annunciato la sindaca di Roma, Virginia Raggi, chiarendo che la “rivoluzione” riguarderà la campagna romana. Nessuna speranza per giardini e aree verdi urbane, dove la vegetazione continuerà a imperversare finché, per dirla con le parole del presidente della commissione Ambiente, Daniele Diaco, gli “sforzi titanici” profusi dall’amministrazione per “risollevare il servizio giardini” non approderanno a qualcosa. Per il momento, sono già stati candidati una ventina di terreni da destinare al progetto: dal parco del Pineto a quello degli Acquedotti.

Però, anche stavolta, potrebbe esserci qualche imprevisto: parafrasando le dichiarazioni del presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, “tra il dire e il brucare c’è di mezzo il mare”. Se è vero che, come ci ha confermato la signora Innocenzi, le pecore sono un ottimo rimedio per tenere a bada la vegetazione, “non è possibile imporgli di mangiare erba alta un metro”. Perché, spiega Granieri, “questo animale funziona molto bene nella prevenzione” ma “non è un tagliaerba”.

Perciò, prima, “dovremo valutare le aree in cui potranno essere utilizzate”. Insomma, il rischio è che, gira che ti rigira, si riparta dal via. E senza un intervento preventivo del servizio giardini, il progetto ecopascolo parta già azzoppato.

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