Perché Natale fa rima col "Giornale"

Perché Natale fa rima col "Giornale"

Questo Giornale dice «buon Natale» ai suoi lettori. Non è scontato. Nei giorni scorsi, ad esempio, il vescovo di Parma ha detto, durante l'omelia di santa Lucia, di aver ricevuto «da un ente importante», un biglietto con scritto «auguri». «Ma auguri di cosa?», si è chiesto sua eccellenza. Di buon compleanno? Di buona guarigione? Di superare un esame? Ma monsignore non compie gli anni in questi giorni, grazie al cielo non è malato e da un pezzo non va più a scuola.

È che quella parola lì, «Natale», è diventata fastidiosa. Si può dire di tutto, in tv e perfino in Parlamento volano le peggio volgarità; le canzoni di rapper (anzi, trapper) tamarri sono considerate arte, ma Natale no, non si può dire, mica che qualcuno si offenda. «Per rispettare i credenti delle altre religioni», che sarebbero poi soprattutto gli islamici, vien detto. Ma son balle: i musulmani - a parte qualche esagitato - non hanno niente da eccepire sui festeggiamenti del Natale.

No, gli auguri di Natale non danno fastidio ai musulmani, ma al politicamente corretto, e se c'è una cosa di cui questo Giornale può vantare il primato, è quello di essere nato per contrastare il politicamente corretto. Allora, nel 1974, il politicamente corretto era che la violenza è sempre e solo fascista, che i padroni sono tutti ladri e sfruttatori, che il sol dell'avvenire, che le masse popolari, che vietato vietare, che il privato è politico, che la rivolta permanente. Slogan gridati da ventenni, e amen, «quante balle si ha in testa a quell'età», cantava Guccini nel suo Eskimo; ma, purtroppo, quelle balle venivano ripetute dall'intellighenzia (inutile aggiungere «di sinistra»: l'intellighenzia, allora, poteva essere solo di sinistra), da attempati intellettuali, da professori che pensavano di essere moderni perché dicevano le parolacce in classe; e, appunto, da legioni di giornalisti borghesi e perbene. Il Giornale nacque per opporsi a quella sbornia, e alla lunga vinse la sua battaglia.

Oggi il conformismo ha cambiato forma e colore: non parla più di 6 politico ma di «uno vale uno», non se la prende più con le multinazionali (anzi, quelle del digitale gli fanno comodo) ma con la mitica «casta», e con gli immancabili «poteri forti», che poi non sono più forti da un pezzo, ma sentono il dovere di opporsi a questo sfascio.

Oggi come allora, Il Giornale non abdica al suo compito: quello di chiamare ogni cosa con il proprio nome. E allora buon Natale, perché si può credere o no che fosse Dio, ma di certo quell'uomo nato allora ha spezzato in due la storia: avanti Cristo, dopo Cristo.

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