Quella periferia a Est di Roma tra degrado e "gentrifcazione"

Via della Marranella, a Roma Est, è rimasta in sospeso tra tre mondi. Qui convivono “romani de periferia di un tempo”, nuovi romani del Bangladesh, cinesi e studenti

Quella periferia a Est di Roma tra degrado e "gentrifcazione"

Via della Marranella, zona di Roma est, è un mondo sfuggente. Figlio di una romanità antica, descritta nei film di Pasolini e di Rossellini. Camminando la mattina è ancora possibile vedere quei volti di uomini e di donne descritti in tanti film. Sono facce dure, quasi rudi, che raccontano alla perfezione la bellezza, ma anche il cinismo del popolo di una città che da 2500 anni ha a che fare con il potere temporale e religioso.

Nelle zone di periferia della capitale il popolo ha sempre avuto sorrisi beffardi. In fondo la rappresentazione più vera di Roma rimane sempre il detto “morto un Papa se ne fa un altro”. Il romano sa che il potere ama ammantarsi di fede, ideologie o falsi miti. Sa che Roma non determina essa stessa il “potere”, ma semplicemente ospita chi lo detiene. I regnanti sono quasi sempre stranieri, arrivati qui perché questa fu la sede dell’Impero, poi del papato e successivamente capitale dell’Impero. Si viene a Roma perché Roma garantisce un ideale a chi ne ha bisogno per governare. Il romano è quindi fin troppo vaccinato contro questo gioco e di solito crede poco, non è di per sé sorridente. Anzi è quasi scorbutico. Ma se si conquista il suo cuore, si ha davvero un amico.

In via della Marranella questi romani dal sapore antico, si sono mischiati ai nuovi romani, per lo più musulmani del Bangladesh e cinesi. Un mix davvero strano, ma che non stupisce più di tanto una città che nei secoli ha visto la popolazione cambiare tante volte (guarda le foto).

Certo la convivenza non è sempre facile e mentre i negozi aperti dai romani sono in via d’estinzione, quelli aperti dagli stranieri sembrano essere inarrestabili. Simbolo chiaro che loro riescono a guadagnare, laddove gli italiani non riescono più. Sui motivi fioriscono leggende di ogni tipo, alcune reali, altre no. Sicuramente gli stranieri tengono aperti i negozi fino a mezzanotte e pagano molto meno i dipendenti. Vi sono certamente poi delle reti comunitarie che aiutano gli appartenenti alle varie comunità a investire. La convivenza sembra comunque funzionare, fino a oggi a via della Marranella non vi è una criminalità peggiore di quella che c’è sempre stata.

Anzi la zona un tempo abitata solamente da gente di periferia, nell’ultimo decennio ha visto l’arrivo di molti studenti e giovani. La “gentrificazione” è avvenuta per la vicinanza al Pigneto, la nuova “Campo dei Fiori” di Roma, anch’essa periferica e con la fama di essere stata un tempo il covo di molti criminali romani e di persone oneste che tentavano di sbarcare il lunario. Il Pigneto è stato rivalutato, come il Mandrione, proprio grazie all’amore dei cineasti per film come Accattone di Pasolini.

Questa zona vi sono per lo più villette, un tempo abusive o costruite alla meno peggio e poi sanate con i vari condoni. Il paradosso è che queste case, che vanno dagli anni Trenta, fino agli anni Sessanta, sono molto più belle e oggi ricercate, dei “brutali” palazzoni dei palazzinari e delle case popolari

Oggi sono molto ricercate, ma allo stesso tempo a rischio perché nonostante il cinema le abbia rese famose, non sono vincolate e il rischio che le si butti giù per fare un palazzone è sempre dietro l’angolo. D’altronde nella Capitale riescono a demolire anche ville costruite nel vincolatissimo quartiere Coppedé. È accaduto in questi giorni con quella progettata negli anni Trenta dall’allora presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, solamente perché sopraelevate, per altro in stile, negli anni Cinquanta.

Via della Marranella è rimasta quindi in sospeso tra questi tre mondi. Qui convivono “romani de periferia di un tempo”, nuovi romani del Bangladesh, cinesi e studenti o giovani che si muovono dal centro verso la periferia est, seguendo un’ideale linea che parte dall’Università la Sapienza, passa per San Lorenzo, per il Pigneto, per poi attraversare la zona della Marranella e di via dell’Acqua Bullicante e finire all’ormai più “piccolo borghese” Centocelle.

In fondo non bisogna stupirsi più di tanto che via della Marranella sia l’approdo dei nuovi migranti, lo è sempre stata. Quelli che noi oggi chiamiamo i “romani de na volta”, non sono altro che emigrati di un tempo. Qui arrivavano poverissimi dall’Abruzzo, dal Meridione e dal Veneto. Processo appunto raccontato con grande maestria dal cinema di un tempo. Per ora il quartiere sembra essere sospeso tra gentrification e degrado e non è ben chiaro che strada prenderà. Se sicuramente bisogna trovare un migliore equilibrio tra i negozi degli italiani e degli stranieri, per evitare zone mono-culturali, dall’altra per ora gli studenti dal centro continuano ad arrivare.

Uno dei maggiori problemi del quartiere è la spazzatura. Manca completamente un sistema di riciclo porta a porta e il sistema del riciclo attraverso i cassonetti per strada non funziona nel modo più assoluto. Basta guardare nei cassonetti della carta, del vetro o della plastica per trovare dentro di tutto. La colpa non è solamente degli immigrati che non conoscono il sistema, come spesso si dice, ma proprio dei romani, che se non multati “se ne fregano” e dicono: “Tanto poi mischiano tutto comunque!”

Il Comune nei decenni ha sicuramente fatto di tutto per non incentivare il riciclo. E’ evidente che nessuna capitale europea ha sistemi per il riciclo che cambiano da quartiere a quartiere e che la maggior pare della città non è coperta dal sistema del porta a porta e dalle relative multe. Il sospetto che per decenni abbiano voluto favorire il sistema delle discariche con i loro guadagni facili, invece che il riciclo o i termovalorizzatori di ultima generazione è molto forte.

Da qualche anno, alla fine di via della Marranella, ha aperto la fermata della Metro C di Malatesta. La nuova metro, che per ora collega venti zone della periferia romana, avrebbe dovuto attraversare tutta la città per arrivare allo stadio Olimpico. Per la periferia Est sarebbe stata una vera e propria rivoluzione. Purtroppo a seguito dell’aumento dei costi dell’opera, la sindaca Raggi, invece di portarla avanti l’opera, magari chiedendo conto ai costruttori degli eventuali errori o aumenti di costi ingiustificati, ha preferito sospenderla, fermando la metro al Colosseo. Da lì in poi il suo futuro è un rebus. Una politica che appare sbagliata per due ragioni. La prima è che il Colosseo non è di certo un “hub” dove smistare le miliaia di persone che dalle periferie ogni giorno arrivano in centro, in quanto è un parco archeologico e pedonale lontano da tutte le mete che i romani devono raggiungere nella vita quotidiana. Di fatto così si obbligano tutti i frequentatori della Metro C a utilizzare la Metro A e B che sono già talmente sovraccariche nell’ora di punta da essere quasi inutilizzabili. Se la Metro C avesse invece continuato fino all’Olimpico, avrebbe invece alleggerito sia la Metro A che C, oltre che il traffico.

La seconda questione è ben più grave. Il ragionamento implicito della sindaca Raggi è stato, che siccome non si è capaci a portare avanti un’opera fondamentale, senza fermare gli sprechi, allora meglio non fare l’opera.

Chi propone di costruire tram al posto della metro, evidentemente non sa che i tram con corsie preferenziali già ci sono sia sulla Casilina da una parte, che dall’altra sia a Prati che sulla Flaminia, ma non sono riusciti né a ridurre il traffico né il tempo di percorrenza necessario per attraversare la città.

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