Non di sette giorni, come in Francia, ma almeno di dieci. Dell'ipotesi di ridurre la quarantena anche in Italia, da 14 a 10 giorni, si discuterà martedì nella prossima riunione del Comitato tecnico scientifico. Mentre la curva epidemica continua a salire, anche se lentamente. Dai 1.434 nuovi casi di mercoledì, ieri se ne sono registrati 1.597. Con il solito incremento di pazienti ospedalizzati con sintomi (da 1.778 a 1.836) e purtroppo anche di quelli in terapia intensiva (+14), il dato che più preoccupa in questa fase in cui il virus sembra colpire con minore forza. Tutto in linea con il trend settimanale, comunque, che per ora non determina un sovraccarico del sistema sanitario nazionale.
La risalita dei positivi, attestata anche dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe, coincide con un momento cruciale come quello dell'apertura delle scuole. Per questo il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, insiste sulla necessità di evitare il caos organizzativo di qualche settimana fa, quando il rientro dei vacanzieri da zone di contagio ci ha trovati inspiegabilmente impreparati: «È indispensabile - dice - che le indicazioni operative per la gestione di casi e focolai nelle scuole e nei servizi dell'infanzia, emanate dall'Iss, vengano attuate in modo uniforme in tutte le regioni, garantendo un tempestivo sistema di testing e tracing dei casi che si manifesteranno tra alunni e insegnanti». Come sia cruciale la sorveglianza sia in questa fase lo ricorda anche il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, parlando con Radio Cusano Campus: «Garantire, laddove dovesse esserci un ragazzo o una ragazza sintomatico, il tampone rapido, un contact tracing adeguato, un'eventuale quarantena, dove necessario, ristretta a coloro che sono contatti e una ripresa dell'attività quanto prima». Per Sileri non ci sarà mai una seconda ondata come quella che abbiamo vissuto a febbraio e marzo, «ma dobbiamo far sì che il virus che continua a circolare abbia un passaggio controllato nella nostra società». «Controllato - spiega il viceministro - significa bassi numeri e sorveglianza del servizio sanitario nazionale. In questo momento l'impegno degli ospedali è molto basso, il numero di posti letto e terapie intensive occupate è basso. Finché le cose sono così, significa che è tutto sotto controllo».
Però il governo si prepara anche ad eventualità diverse, come dimostra il piano della riorganizzazione della rete ospedaliera del ministero che prevede quattro strutture mobili per un totale di 300 posti letto da poter montare dove necessario per una spesa prevista di 54 milioni di euro. È stato l'ufficio del commissario straordinario Domenico Arcuri a pubblicare il bando per la manifestazione di interesse a partecipare alla procedura negoziata per la disponibilità temporanea delle terapie intensive mobili, strutture chiavi in mano da allestire in aree che dovranno essere individuate dalle Regioni.
Per ora un'eventualità lontana, ma certo preoccupa sfiorare quota 1.
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