Il commerciante: "Burocrazia e controlli uccidono le Pmi"

Italo Maremonti, piccolo imprenditore, spiega ostacoli burocratici, controlli e ostacoli che lo Stato mette sulla strada delle Pmi

Il commerciante: "Burocrazia e controlli uccidono le Pmi"

Studi di settore, Durc, Inps dei collaboratori, burocrazia. Di ostacoli ai piccoli imprenditori lo Stato ne mette a bizzeffe. Uno stillicidio. Ogni anno autonomi e partite iva spendono 22 miliardi di euro in burocrazia e impiegano dai 3 ai 10 giorni lavorativi per far fronte agli adempimenti richiesti dall’Amministrazione. Italo Maremonti che aiuta sua moglie titolare di un piccolo negozio di prodotti per l'informatica, lo sa bene. E se ne lamenta: “Non si riesce a lavorare - dice - Lo Stato dovrebbe funzionare solo come controllore e non metterci i bastoni tra le ruote”.

Quanto pesa la burocrazia nel suo quotidiano?
“Tantissimo. Vuole un esempio? Qualche giorno fa mi ha chiamato il commercialista, perché tutte le fatture emesse ora passano sotto il controllo dell’Agenzia delle Entrate. Ho perso due ore per chiamare i clienti e chiedere che tipo di società fossero per poi comunicarlo all’Agenzia. Ma le pare normale? Di situazioni simili ne capitano tutti i giorni. Non si riesce a lavorare”.

Oltre la burocrazia, poi ci sono le tasse da pagare. Si dice che le partite Iva siano la cassa del Governo. È vero?
“Sì, e non vediamo neppure i benefici delle imposte versate. Per me l’esempio lampante è la gabella per la Camera di Commercio: pago ma non ricevo alcun servizio in cambio. E alla fine a noi imprenditori non rimane nulla in mano”.

Un altro tema ricorrente sono gli studi di settore, odiati dalle Pmi. A breve dovrebbero far spazio ai nuovi Indicatori Sintetici di Affidabilità. Secondo molti non cambierà nulla, lei che opinione si è fatto?
“Io lavoro nel settore informatico e ti dico gli studi di settore sono fatti da persone che non conoscono la panoramica della professionalità, dall’artigiano al libero professionista. È impossibile che un universo variegato come quello delle partite iva possa essere governato da indicatori così generici. Gli studi di settore non tengono debitamente in conto delle fluttuazioni nel mercato dei vari settori. E così diventano un peso insostenibile”.

Se potesse scegliere, quale tassa o contributo deciderebbe di non pagare?
“Io odio l’Inps, è una gabella assurda. Con le regole di oggi non va più bene. Non si possono pagare 1000 euro ogni 3 mesi. Io non riesco a pagare i miei contributi e lo Stato mi dice pure 'tu non guadagni abbastanza'. Che vengano i politici a lavorare al posto mio!”.

Lei fornisce solo privati o anche la pubblica amministrazione?
“Anche alla Pa. Certe volte però non riesco a ottenere commesse nel pubblico per colpa dei Durc (il documento che indica la regolarità di un’azienda verso l’Inps, l’Inail e le varie casse, ndr). In alcuni periodi il mio Durc non era regolare perché per due volte non avevo pagato i contributi. Non avendo i documenti in regola, non potevo rifornire le scuole rimettendoci 15mila euro l’anno.

In sostanza se un’azienda non riesce a versare i contributi, magari perché è in difficoltà economica, è costretto a chiudere le forniture verso il settore pubblico. Ma questo non aggrava ancora la sua situazione?
“Il Durc crea problemi. Ci ammazza. E sia chiaro: qui tutti vogliono averlo in regola. Ma se mi puniscono perché non ho pagato i miei contributi perché in quel momento non potevo, perché mi devi punire ulteriormente?"

Una piccola-media impresa può ricevere circa 111 controlli all'anno da parte dello Stato. Come si vive questa situazione?
“Non si vive. Prima ti arriva la Finanza, poi l’Agenzie delle Entrate e infine l’Asl.

Anche le regole di ingaggio sono sbagliate: oggi se vengono nel mio negozio per un controllo e trovano una porta non in regola, mi multano nell'immediato. E invece lo Stato dovrebbe darmi il tempo di rimediare e solo in seguito, se non rispetto il tempo che mi è stato dato per regolarizzarmi, allora scatterà la contravvenzione".

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