Ha confessato di aver strangolato i genitori, Laura Perselli e Peter Neumair, con una corda d'arrampicata e di averne poi gettato i corpi senza vita giù da un ponte, nel fiume Adige. Eppure Benno Neumair, il 30enne bolzanino accusato di duplice omicidio e occultamento di cadavere, rischia di diventare un "sex symbol": l'idolo delle adolescenti.
Due settimane fa su Facebook è spuntata addirittura una fanpage - "Le bimbe di Benno" - che conta già più di 1000 iscritti. Il gruppo social pare sia amministrato da tre giovani ragazze - in realtà potrebbe trattarsi della stessa persona con molteplici profili fake - che condividono quotidianamente foto, talvolta ritoccate a regola d'arte, del presunto omicida. Le didascalie a corredo delle immagini si sprecano, tanto quanto la pioggia di like e commenti ai post. "Oggi tutto BENNissimo", esordisce un'iscritta di buon mattino. "Finché non lo condannano, sono garantista e innamorata", rilancia un'altra con tanto di emoji di un "cuoricino trafitto" sul finale.
Per quanto l'iniziativa susciti profonda indignazione e sgomento, non è certo la prima volta che un assassino - presunto tale o accertato - raccolga consensi tra i giovanissimi o addirittura sia idolatrato alla stregua di una divinità. Basti pensare al caso Pietro Maso che, quando fu processato per aver ucciso i genitori (17 aprile 1991), poté contare sul supporto di un fanclub - il "Maso FanClub" - e di una nutrita schiera di sostenitori pronti a sfidare il buon senso comune con magliette inneggianti al suo nome. Prima di lui il criminale Renato Vallanzasca fece "innamorare" decine di ragazzine nonostante la condotta decisamente antieroica. Così tante furono le lettere che il pluriomicida ricevette dalle sue ammiratrici in carcere che la sua seconda moglie, Antonella D'Agostino, successivamente ha deciso di raccoglierle tutte in un libro intitolato "Lettera a Renato" (Telemaco Edizioni, 2007).
La figura dell'antieroe (killer seriale o malavitoso) è stata inoltre riproposta in moltissime serie tv - basti pensare a Suburra (2017) o Romanzo Criminale (2008) - finendo al centro di un accesissimo dibattito mediatico circa la presunta mitizzazione di assassini efferati. Ma quali sono i rischi legati alla celebrazione degli autori di reati? "Si può sviluppare una vera e propria ossessione per questi criminali al punto da farne quasi una ragione di vita, specie se si è in età vulnerabile e non si è ancora sviluppata una consapevolezza morale rispetto a certi tipi di azione", spiega a IlGiornale.it Silvia Bassi, psicologa e direttore scientifico del Centro Studi Scienze Forensi di Milano.
Dottoressa Bassi due settimane fa è stato aperto un gruppo Facebook dedicato a Benno Neumair che conta già centinaia di iscritti. Come lo spiega?
"Se ne parla poco ma accade spessissimo che nelle carceri arrivino centinaia di lettere indirizzate a chi ha commesso determinati tipi di crimine. Questo fenomeno ha un nome ben preciso in ambito psicologico, quello dell'ibristrofilia".
Cosa s'intende per "ibristrofilia"?
"Rientra tra le parafilie, ovvero quei comportamenti trasgressivi che vanno al di fuori delle norme sociali. L'ibistrofia porta a provare eccitazione nel sapere che la persona oggetto del desiderio ha commesso delle azioni illecite o reati efferati".
Quando diventa una condizione patologica?
"La parafilia diventa una condizione patologica quando il soggetto non può più fare a meno di mettere in atto questo tipo di comportamento 'trasgressivo', quando l'altro non è consenziente e quando il soggetto prova significativo disagio. A quel punto possiamo parlare di disturbo".
Quali sono le ragioni per cui una persona subisce "il fascino" di un criminale?
"Una motivazione fa capo al bisogno di proteggere e accudire un soggetto che ha delle difficoltà, dei disagi o che ha commesso dei reati. Un'altra ragione potrebbe essere il desiderio di cambiare una persona con un comportamento deviante - la famosa 'sindrome della crocerossina' - o la presunzione di poter redimere il criminale con il proprio amore. C'è poi un'altra motivazione, ovvero quella di finire al centro dell'attenzione mediatica riuscendo a stabilire una comunicazione epistolare con l'assassino. Il bisogno narcisistico di finire sotto i riflettori insomma. Ma ce ne sono anche altre che si basano sulla psicologia evolutiva. Il maschio violento, nella storia ancestrale, rappresenta il 'maschio alpha'. Dunque colui che protegge la propria donna e i figli a qualunque costo".
Riguarda di più le donne o gli uomini?
"La casistica ci dice che sono le donne a essere maggiormente attratte da questi personaggi devianti. Ma non mancano anche casi di uomini che subiscono il fascino della killer o presunta tale di sesso femminile. Mi viene in mente Amanda Knox che pare abbia ricevuto circa 40 lettere di ammiratori durante le prime settimane di carcere".
Quanto incide la mediatizzazione dei casi di cronaca e più in generale l'attenzione mediatica agli assassini?
"Negli ultimi anni davvero tanto. Se da un lato dobbiamo ringraziare i media che informano su certe vicende, e quindi consentono anche di fare una sorta di prevenzione per alcuni delitti, dall'altro hanno un effetto boomerang. L'attenzione a un presunto reo, che quindi non è stato ancora condannato, divide il pubblico tra colpevolisti e innocentisti. Ne consegue un interesse esasperato che può potenzialmente degenerare in ossessione".
Vale lo stesso discorso per le fiction o serie tv?
"Un conto sono le vecchie serie tv in cui si è cominciato a parlare di crime. Mi viene in mente, ad esempio, il caso di Csi in cui si fa attenzione alla prova scientifica, quella è stata una produzione televisiva davvero importante. Per le serie tv attuali invece il discorso cambia. Da un lato portano alla luce fenomeni sociali con cui non tutti sono a contatto e dunque questo è un aspetto positivo. Dall'altro però bisogna tenere conto che tra i telespettatori ci sono anche 'soggetti immaturi'. Per immaturi intendo quelle persone che, per una questione legata al processo evolutivo, non hanno ancora acquisito il senso delle conseguenze logiche di alcune azioni, non hanno ancora sviluppato in modo compiuto la morale".
Quali sono i rischi legati alla venerazione degli "antieroi"?
"Da sempre i criminali hanno attratto il pubblico femminile, soprattutto quelli 'affascinanti' a livello fisico. Basti pensare al caso di Ted Bundy, ad esempio, che si proponeva come seduttore, al punto poi da ottenere moltissimi consensi. Nel caso di Benno, bisogna tenere conto che avesse già un canale YouTube in cui esibiva il corpo. Questo aspetto riguardante la cultura e la cura del proprio corpo attrae molto le giovani generazioni. Il rischio è che l'attrazione evolva in ossessione, ovvero che l'infatuazione (reale o immaginaria) diventi un pensiero costante, un chiodo fisso".
Quando bisogna preoccuparsi?
"Bisogna sempre preoccuparsi perché sono fenomeni che deviano dai comportamenti socialmente accettabili. È necessario prenderne atto, subito. In questi gruppi ci sono anche ragazze molto giovani che, mediante la sovraesposizione sui social in un momento di accentuata vulnerabilità, possono diventare preda di adescamenti online da parte di eventuali malintenzionati o pedofili".
Cosa può fare un genitore quando si accorge che il figlio o la figlia sono iscritti a un gruppo come le "Bimbe di Benno"?
"È importante che il genitore possa trasmettere il messaggio di essere presente e che intende partecipare alla vita del figlio. Qualora ci si renda conto che la propria figlia - come nel caso della fanpage di Benno - è entrata in una sorta di circolo vizioso, che ha un'ossessione per il presunto autore di determinati tipi di crimine o ha sviluppato una dipendenza dal gruppo social, deve rivolgersi a un esperto. Altra cosa fondamentale è la denuncia. Questi gruppi devono essere segnalati alla Polizia Postale perché è al loro interno che si annida il pericolo. Bisogna denunciare".
Quanto hanno inciso e incentivato certi comportamenti antisociali le attuali restrizioni Covid?
"Io credo molto. Purtroppo i ragazzini sono più isolati e si riversano nel mondo digital".
Qual è il suo consiglio?
"Quello che consiglio è di posizionare il computer in una zona della casa in cui il genitore può passare e controllare cosa sta facendo il proprio figlio.
Dunque evitare di lasciarlo da solo, in camera propria, davanti al monitor per molte ore. Ma non bisogna vietare l'uso di smartphone o tablet, basta educare a un uso corretto della tecnologia digitale. Il punto è fornire un corretto modello educativo, tutto lì".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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