Svolta nel processo sul delitto di via Poma. Una delle prove chiave della condanna in primo grado è stata smontata dai periti nominati dalla Corte d'Assise d'Appello. La ferita individuata sul capezzolo sinistro di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellato il 7 agosto 1990,non è un morso.
Lo sostengono i consulenti che la corte d'Assise d'Appello ha chiamato per chiarire le cause della morte della ragazza. Il morso era uno degli elementi-chiave che ha portato alla condanna a 24 anni di carcere dell'ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco.
"Le due minime lesioni escoriative seriate poste al quadrante supero-mediale della base d'impianto del capezzolo sinistro - è scritto nella perizia di oltre 260 pagine -, non sono in grado di configurare alcun morso, oltretutto mancando l'evidente traccia di opponente, per cui restano di natura incerta".
Secondo la perizia, le lesioni potrebbero essere attribuite "ad una unghiatura parziale per strizzamento tra due dita del capezzolo ove sul posto il contatto avvenne propriamente con il margine ungueale e dall'altra parte ebbe ad agire solo il polpastrello; oppure all'azione di un altro mezzo escoriativi, teoricamente spicole ed apici dentari compresi (indentazione), ove la superficie di contatto e strusciamento fu limitatissima e
magari appuntita".Inoltre, sempre secondo i periti, le tracce biologiche individuate sul corpetto di Simonetta identificano "con certezza la presenza di almeno tre soggetti maschili".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.