I cardinali conservatori sospettano che un evento di natura particolare, cioè il Sinodo di ottobre che riguarda l'Amazzonia, possa, in virtù della sua importanza de facto, divenire generale e contribuire alla comparsa dei preti sposati in tutta la Chiesa universale.
Sulla carta non può andare così. Se non altro perché l'appuntamento sinodale è delimitato: si può occupare solo di quello che l'istituzione ecclesiastica deve fare in quella regione dell'America Latina. L'idea che i "viri probati" possano divenire una prassi consolidata però non è nuova: i cardinali progressisti hanno sempre pensato che consacrare i laici potesse costituire una buona soluzione alla crisi vocazionale. Approvare quella misura per l'Amazzonia, dunque, per poi estenderla in tutti gli altri gli episcopati. I presuli tedeschi, che hanno nel progressismo una cifra stilistica, ne stanno già parlando tra di loro, con il "sinodo interno" di Fulda: è il segnale di una variazione sul tema, che per il "fronte tradizionale" rappresenta qualcosa di più, ossia l'alterazione del Depositum fidei, delle verità intoccabili che Gesù Cristo ha lasciato sulla terra. E allora si assiste alla consueta contrapposizione dottrinale.
Non è solo una questione di preti sposati. A impensierire alcuni alti ecclesiastici è tutto l'assetto del Sinodo panamazzonico: dalle diaconesse all'ecologia integrale, passando dal valore attribuito alla spirituralià delle popolazioni indigene. Pure la premessa è sempre la stessa: non c'è alcun dubbio sul fatto che questi cardinali siano fedeli al Papa. Però l'apprensione è stata espressa in puù forme. I cardinali Raymond Leo Burke e Walter Brandmueller lo hanno messo nero su bianco, smontando l'Instrumentum Laboris. Il porporato teutonico ha anche eccepito l'apostasia e l'eresia. Può essere annoverata anche la criticità alle eventuali innovazioni espressa dal vescovo Athanasius Schneider, ma quello che stupisce è il fatto che molti esponenti della Chiesa cattolica, forse per la prima volta dall'inizio di questo pontificato, sembrino concordi sull'esigenza di frenare a secco. Qualche appunto contrariato è stato stilato pure dall'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinal Gherard Ludwig Muller. Anche in quella circostanza le bordate hanno riguardato l'Instrumentum Laboris. Un "no" alla "confusione" è sopraggiunto pure dal cardinale George Pell, che ha presentato un appello pochi giorni fa nei confronti della sentenza di primo grado che lo ha condannato a sei anni per abusi sessuali in Australia.
Da ultimo, poi, ma certo non per ultimo, è pervenuto il parere del cardinal Robert Sarah che, mediante un'intervista rilasciata al National Catholic Register - come ha fatto notare anche l'edizione odierna di Libero - si è soffermato sul fatto che l'appuntamento sinodale, che avrà luogo a partire dal 6 ottobre, non possa in alcun modo essere elevato al ruolo di "laboratorio per la Chiesa
universale". Un "fronte conservatore" quindi che, seppur con tutti i distinguo del caso, appare davvero compatto sull'arginare l'introduzione dei "preti sposati", delle diaconesse e dell'ecologia integrale quale mantra catechetico.
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