Le prigioni del cardinale Pell: cattolico dunque perseguitato

La vicenda del cardinale può anticipare le prossime persecuzioni subite da un certo mondo cattolico? Il destino di chi resiste al mondo progressista è difficile

Le prigioni del cardinale Pell: cattolico dunque perseguitato
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La vicenda del cardinale George Pell, che questa settimana ha presentato il suo "Diario di prigionia", edito da Cantagalli, presso la Sala Nassirya del Senato della Repubblica, può raccontarci qualcosa pure sul futuro della religione cristiano-cattolica. La parabola è anche intrisa, pure in senso teologico, di sofferenza. All'evento erano presenti, tra gli altri, la senatrice Paola Binetti, l'editore David Cantagalli, il procuratore Domenico Airoma e don Antonello Iapicca.

Quanto accaduto al porporato, che Joseph Ratzinger aveva scelto come uomo simbolo per la battaglia sulla trasparenza delle casse e delle finanze in Vaticano (insieme all'ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi) e che Papa Francesco, nonostante la differente radice dottrinale, aveva nominato prefetto per la Segreteria per l'Economia, assume, se possibile, quasi tratti allegorici.

Com'è noto, il porporato australiano è stato costretto ad abbandonare l'incarico cui era stato demandato in Vaticano per via di accuse di abusi ai danni di minori. Le stesse per cui è tornato in Australia. Dopo una condanna, dopo i gradi di giudizio previsti, dopo più di quattrocento giorni passati all'interno di una minuscola cella (circa sette metri per due) in prossimità di persone incarcerate per crimini efferati, dopo la pressione mediatica internazionale e dopo tutti i divieti subiti, tra cui quello di celebrare Messa, l'alto ecclesiastico oceanico è stato prosciolto ed assolto dalle accuse che gli erano state mosse. Se non siamo nel campo dei "perseguitati dalla Giustizia" poco manca.

Nel corso della presentazione, il consacrato ha più volte insistito su come l'accusa abbia modificato versione nel corso delle fasi processuali. Dovrebbe essere accaduto in più di venti circostanze. Al netto di ogni sfaccettatura riguardante il caso giudiziario in sé ed i suoi contorni, però, peraltro con tutte le voci di "complotto" che hanno accompagnato e che continuano ad accompagnare un caso che ha rischiato di minare alla base la credibilità della Chiesa cattolica, ciò su cui conviene soffermarsi riguarda il rapporto prospettico tra il concetto di giustizia contemporaneo ed il cattolicesimo.

Perché ci stiamo tristemente abituando ad un principio: che i cattolici possano essere perseguitati in quanto tali. Il che, se per un religioso o per chi tende alla santità può essere giustificato e giustificabile per mezzo del Vangelo, per un laico o per un peccatore non può che essere preoccupante e scandaloso. Dice Alfredo Mantovano, parlando di Rosario Livatino, che il beato aveva "una caratteristica rara di fronte a magistrati che da decenni depositano gli atti nelle redazioni dei giornali ancora prima che in cancelleria. Livatino non ha mai fatto una conferenza stampa o rilasciato uno intervista". Ecco: anche il caso Pell, come spesso accade delle nostre parti, è stato condito da un'attenzione giornalistica e giustizialista che, dal canto suo, aveva già sentenziato in maniera definitiva.

Come spiegato in questo approfondimento di Tempi, la vera colpa che Pell è stato costretto a scontare, considerando l'assoluzione, attiene alla sua fede. Se n'è accorto soprattutto il pontefice emerito Joseph Ratzinger, che aveva pronosticato, in tempi non sospetti, un avvenire condito soprattutto dal carattere minoritario del cattolicesimo, dal poco peso in società dell'istituzione ecclesiastica e da una persecuzione più o meno sistematica della "minoranza creativa", cioè dei cattolici che verranno e che forse già sono.

Pell, in senso stretto, è un ratzingeriano doc, per prossimità episcopale e per posizioni espresse. L'australiano non è uno di quei cardinali ed uomini di Chiesa disposti ad andare incontro al mondo o ad abbracciare il contemporaneo pur di filtrare parte della dottrina al di là del guado della modernità. E questo è un altro elemento che aiuta a comprendere come mai il caso del cardinal George Pell venga riletta in chiave escatologica più che in ambito storico-giornalistico. Può mai essere questo, ci si potrebbe domandare, il destino di chi non si piega alla modernità ed alle sue ideologie?

Quando ci si riferirà ad esperienze di strenua resistenza contro il relativismo contemporaneo, che è un ferreo alleato del giustizialismo e della feroce accusa culturale verso la mera identità altrui ed anzi verso quasi tutte le identità difformi da quelle fluide e progressiste, ci si

potrà ricordare del cardinal George Pell, dei suoi quattrocento e passa giorni in carcere da innocente. del suo restare in piedi e del suo libro che già costituisce una pietra miliare nella storia del cattolicesimo odierno.

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