Nelle intercettazioni si parlava anche di un possibile attentato al Vaticano. È stato arrestato, ha scontato quasi sei anni di pena è adesso è uscito dal carcere. Ma, almeno per il momento, deve mantenerlo l'Italia. In estrema sintesi è questa la vicenda che vede come protagonista il 32enne Abderrahim Moutaharrik, arrestato dalla Digos di Lecco il 28 aprile 2016 per terrorismo internazionale. Quel giorno scattarono sei arresti tra cui quello per il "pugile dell'Isis", soprannominato così in quanto viene considerato un talentuoso atleta di kickboxing.
Il pugile dell'Isis scarcerato
La Procura di Milano aveva chiesto la condanna per terrorismo internazionale. Il gup di Milano Alessandra Simion lo aveva condannato a sei anni di reclusione: nelle motivazioni della sentenza si legge che Moutaharrik e il connazionale Abderrahmane Khachia erano "fortemente determinati a porre in essere attentati terroristici, uccidendo gli occidentali". Nel mirino della cellula jiadista c'erano il Vaticano e l'ambasciata d'Israele nella Capitale.
"Per questi nemici giuro, se riesco a mettere la mia famiglia in salvo, giuro sarò io il primo ad attaccarli (...) in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l'attacco nel Vaticano, con la volontà di Dio", si sentiva in un'intercettazione. Sotto il suo letto gli investigatori della Digos avevano anche trovato nascosto un "pugnale da combattimento", forse di una tipologia simile a quelli che vengono utilizzati nei video di propaganda dei seguaci di Al Baghdadi per sgozzare gli "infedeli" occidentali.
Il gup - che aveva accolto l'impianto accusatorio dei pm Enrico Pavone e Francesco Cajani - aveva anche condannato a 5 anni la moglie di Moutaharrik (Salma Bencharki) e a 3 anni e 4 mesi Wafa Koraichi, sorella di Mohamed Koraichi, marocchino che assieme alla moglie italiana e ai loro tre figli aveva lasciato l'Italia per la Siria. Secondo la sentenza del gup milanese, i condannati "erano spinti da una distorta ideologia religiosa e da un odio generalizzato verso gli appartenenti a qualsiasi altra confessione, che li aveva determinati a proclamarsi pronti ad agire a costo di perdere la propria vita".
Ma il Marocco...
Come si legge su Libero, il giudice di pace del tribunale di Bari ha disposto il trasferimento del "pugile dell'Isis" in un centro per le espulsioni. Dopo aver scontato quasi sei anni tra il carcere di Sassari e quello di Rossano, si sono aperte le porte ma non è tornato in libertà: resterà in un centro di espulsioni in attesa del rimpatrio.
Bisognerà infatti attendere la riapertura dei confini del Marocco, che ha deciso di blindarsi a causa della rapida diffusione della nuova variante Omicron: a Rabat nelle scorse settimane hanno deciso di sospendere i voli in arrivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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