Nel 2021 il budget annuale dell’Ema, l’agenzia europea per i medicinali sarà di 385,9 milioni di euro. Il 14 per cento dei fondi arriverà dall’Unione europea, mentre la restante parte, l’86 per cento, circa 330 milioni, da tasse e oneri pagate dalle stesse società private coinvolte nelle procedure di farmacovigilanza.
L’agenzia, infatti, richiede il pagamento di una tassa per esaminare le richieste di chi vuole immettere un farmaco nel mercato, per fornire pareri scientifici, effettuare ispezioni o definire il limite massimo di residui. A formare il budget del 2021, quindi, ci sono probabilmente anche i soldi versati dalle case farmaceutiche per le procedure di approvazione dei vaccini anti-Covid.
E così qualcuno si domanda come sia possibile assicurare l’indipendenza dell’organismo che si occupa del monitoraggio e dell’approvazione dei medicinali distribuiti negli Stati dell’Unione. La questione è stata posta in un’interrogazione alla Commissione Ue da Vincenzo Sofo, europarlamentare del gruppo Conservatori e Riformisti, guidato da Giorgia Meloni.
"Tale situazione – si legge nell’interpellanza - rischia di causare un intreccio di interessi tra ‘controllato’ e ‘controllante’ che potrebbe consentire alle società farmaceutiche di esercitare una forte azione di influenza nei confronti delle decisioni di Ema". Il riferimento è al caso che da giorni è sulla bocca di tutti, quello della recente analisi effettuata sul vaccino anti-Covid prodotto da Astrazeneca, dopo la sospensione da parte di diversi Paesi europei, come Italia, Germania, Francia e Spagna, per alcune morti sospette causate da trombosi ed embolie.
"Per questo – spiega Sofo – ho chiesto informazioni circa un potenziale conflitto di interessi tra Ema e le Big Pharma che rischierebbe di gettare ombra sulle valutazioni dell’agenzia europea del farmaco, ad esempio sui vaccini utilizzati per le campagne vaccinali in Europa".
Ma come funziona il finanziamento dell’agenzia e come si fa ad assicurare l’indipendenza delle valutazioni? "È giusto porsi il problema, ma il meccanismo con cui arrivano i finanziamenti è molto chiaro ed è lo stesso sistema di funzionamento dell’Ema ad assicurarne l’indipendenza", spiega al Giornale.it Guido Rasi, professore di Microbiologia clinica all’Università di Tor Vergata, che per quasi dieci anni, dal 2011 al 2020 è stato al timone della stessa agenzia.
Ogni anno le case farmaceutiche versano all’Ema un contributo annuale fisso per tenere sul mercato i loro prodotti. La Commissione europea, a quel punto, stanzia i fondi che mancano per raggiungere il budget previsto. "Il meccanismo è quello della ‘fisarmonica’, se ci sono meno entrate, ad esempio per la sospensione di alcuni farmaci per cui non viene più pagata la tassa annuale, o nel caso in cui il budget risultasse insufficiente – chiarisce Rasi – allora la Commissione è pronta ad intervenire con un versamento più cospicuo".
Altrimenti, l’importo messo a disposizione dall’Europa diminuisce proporzionalmente. Tutti i soldi finiscono in un unico fondo con cui vengono pagate le attività e gli stipendi dei dipendenti dell’agenzia. "Tanto per fare un esempio di attualità, - va avanti l’ex direttore - una riunione di farmacovigilanza come quella di Astrazeneca, che ha un costo molto più elevato rispetto all’importo che annualmente la casa farmaceutica anglo-svedese versa all’Ema, viene finanziata con il fondo comune".
"Sono soldi – continua – che vengono corrisposti da tutte le case farmaceutiche, e l’indipendenza è assicurata proprio dal fatto che queste attività vengono finanziate da tutti: insomma, la nostra grande garanzia sono proprio i concorrenti, che pagano tutti la stessa fee e vogliono vedersi trattare allo stesso modo".
Insomma, assicura Rasi, i soldi per l’Ema non sono mai stati un problema e le remunerazioni dei dipendenti non sono assolutamente collegate alle performance dell’agenzia: "Basti pensare che per i vaccini anti-Covid la task force dell’Ema sta valutando i dati preliminari di 68 sieri: quando un ricercatore si trova davanti 500 esami di anticorpi, magari si dimentica persino di che vaccino si sta parlando".
E poi, sottolinea l’esperto, "non bisogna dimenticare che l’Ema ha soltanto un ruolo di coordinamento e che il potere decisionale spetta ai delegati delle varie agenzie nazionali". L’organizzazione, che conta sette livelli, il passaggio attraverso il parere di 27 Stati e infine della Commissione, fa si che le pressioni politiche non riescano ad arrivare sul tavolo di chi decide.
"Ad avere l’ultima parola sono sempre i dati scientifici, – assicura Rasi – pensiamo al caso di Astrazeneca, nonostante avessero pagato la tassa per l’approvazione sia all’Ema che all’Fda statunitense - che ha un funzionamento molto simile a quello dell’agenzia europea-, in Europa il via libera è arrivato solo dopo tre mesi per alcune incongruenze, mentre in America la richiesta è stata addirittura bocciata".
"Stesso discorso - va avanti Rasi – per lo Sputnik, è stato demonizzato a livello politico, ma se i dati del vaccino risultassero impeccabili e l’Ema non lo approvasse sulla base di quegli stessi dati scientifici, perderebbe la reputazione, e allora sì che potrebbe essere accusata di essere un ente politicizzato".
Anche sul piano etico, secondo l’ex direttore, è giusto che il prezzo maggiore lo paghi l’industria.
"Spesso ricevono già a monte finanziamenti pubblici e poi sono loro ad avere l’onere della prova: che senso avrebbe - incalza - se l’Europa con i soldi dei cittadini gli offrisse anche la sperimentazione e il costo della valutazione?"."È un onere che devono sostenere loro, visto che poi guadagneranno dalla commercializzazione – conclude – se fosse il contrario, allora sì che sarebbe immorale".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.