Israele, i nemici spazzati via e l'Iran in crisi

Quando pochi minuti dopo aver concluso Netanyahu ha detto "Ken", "sì" in ebraico al telefono, l'operazione impossibile è partita

Israele, i nemici spazzati via e l'Iran in crisi
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Israele è orgogliosa e contenta dopo tanto soffrire, Hezbollah rovinati, Hamas terrorizzata, Houthi e milizie irachene isteriche: l'Iran, la testa della piovra, nudo. Mai è stato così confuso: ora deve decidere se cercare di riprendere in mano la leadership della sua strategia di distruzione dello stato di Israele in nome della vendetta per Hassan Nasrallah o fare un passo indietro nell'imbarazzo e nella paura, ridisegnando la strada per i suoi irrinunciabili obiettivi religiosi. Certo, il regime degli ayatollah promette vagamente vendetta, il presidente ha persino detto che l'Iran sa che l'ordine è venuto da Washington e che questo non verrà ignorato. Ma si capisce che non sa che cosa fare. Gli iraniani non agiscono d'istinto. Per ora comunicano che l'evento terribile ha aperto le porte dell'inferno, che non passerà invendicato, coprono di lode il «martire sulla via di Gerusalemme», invitano i musulmani di tutto il mondo a reagire, ignorando magari che una buona parte dell'Islam odiava Nasrallah... ma la botta subita è cosa da ponderare, per Khamenei: Hamas è sull'orlo della sconfitta, Nasrallah è morto. La debolezza del disegno strategico di accerchiamento ed eliminazione di Israele sulla strada della sconfitta dell'Occidente è evidente, e la debolezza in Medioriente è imperdonabile.

È significativo che in base alla minaccia di Israele sull'uso di aerei civili iraniani per far atterrare all'aeroporto di Beirut armi e uomini, ieri il ministero dei Trasporti libanese abbia costretto un aereo da Teheran a tornarsene a casa senza toccare il suolo. Il Libano invece di obbedire, come da decenni, all'ordine degli Hezbollah, ha ascoltato Netanyahu. La rivoluzione che Israele sta inducendo nel Medioriente con l'eliminazione di Nasrallah è drammatica, convulsa: dal '92 teneva le redini del Libano soggiogato, era uno dei capi più carismatici e consolidati del terrorismo mediorientale e internazionale, il miglior alleato e proxy dell'ayatollah Khamenei. Dopo un anno di paralisi, Israele ha rimesso in moto la sua capacità di difendersi con una reazione in più puntate, tutte leggendarie e tutte riuscite, e l'Iran è rimasto nudo di fronte alla determinazione di fronteggiare l'aggressione che è cominciata il 7 ottobre e a uscire dall'accerchiamento. È ancora ben lontana la sua conclusione, Israele ha seguitato ieri a attaccare le postazioni degli Hezbollah nel quartiere di Dahieh, mentre il Medioriente rimugina e si ridisegna sull'immagine del buco fumante fatto dalle 83 bombe da una tonnellata ciascuna lanciate dagli F15 israeliani. Da là il capo degli Hezbollah ha diretto attentati terroristici in tutto il mondo in nome della rivoluzione sciita di cui si riteneva un rappresentante forte quanto l'Iran. Nasrallah ha sbagliato quando ha deciso l'8 ottobre di affiancare Hamas con i lanci continui sulla popolazione israeliana del Nord, con l'Iran ha immaginato che la debolezza israeliana di quel momento fosse definitiva e che l'accerchiamento avrebbe distrutto lo stato ebraico.

Dieci giorni fa l'attacco dei beeper e tutte le eliminazioni mirate hanno portato la storia a imboccare la strada contraria. «Chi ci colpisce, verrà colpito» ha detto Netanyahu nel suo discorso all'Onu, e sapeva quello che stava dicendo: lo ha sentito anche Khamenei, che sa che Nasrallah era uscito dal suo bunker per andare ad ascoltare proprio quel discorso che disegnava la sua fine. Quando pochi minuti dopo aver concluso Netanyahu ha detto «Ken», «sì» in ebraico al telefono, l'operazione impossibile è partita. Con Nasrallah si trovava anche il generale Abbas Nilforoushan, responsabile per il Libano e anche capo delle forze Quds per l'ordine pubblico. Un elemento in più che ha subito spinto Khamenei a farsi trasportare al sicuro in un bunker super difeso. Là certo medita, e si chiede se magari Israele visto il successo in Libano, non stia disegnando una definitiva resa dei conti. Intanto le sirene hanno suonato ieri al Tel Aviv, gli Houthi si sono fatti vivi. Israele è in guerra ma non combatte più con una mano legata dietro la schiena, gli americani non erano stati avvertiti prima, ha detto Blinken, ma non è sembrato contrariato.

Nasrallah ha ammazzato più americani che israeliani. E infatti Biden ha salutato la sua eliminazione come una «misura di giustizia». Adesso l'Iran trema. Stavolta Israele è in vantaggio e non stretta all'angolo come un anno fa.

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