Per Norma Cossetto, la ventitreenne studentessa istriana di Visinada stuprata da un branco di diciassette partigiani titini e buttata ancora viva nella foiba. Per i 97 finanzieri innocenti prelevati dalla caserma di Via Campo Marzio a Trieste il 2 maggio del 1945 trucidati nella foiba di Basovizza. Per le centinaia di altri finanzieri, carabinieri, agenti di polizia e funzionari di Stato infoibati nelle cavità carsiche sparse in tutta l'Istria. Per Don Bonifacio, assassinato in «odium fidei» nel 1946 e beatificato da Papa Benedetto XVI, per tutti i sacerdoti e i religiosi che sono stati infoibati solo per avere avuto una fede. Per le migliaia di italiani solamente «colpevoli di essere italiani» - uccisi barbaramente dai soldati con la stella rossa. infine, per tutti quegli altri italiani che nel silenzio generale dovettero abbandonare l'Istria, Fiume e la Dalmazia per disperdersi in Italia o addirittura raggiungere mete più lontane, fino all'Australia e al Canada. Per tutti loro, da Presidente del Parlamento europeo, sento il dovere morale con il tricolore nel cuore, di presenziare alla commemorazione della Giornata del Ricordo delle vittime delle foibe e dell'esodo istriano, fiumano e dalmata. Per tutti loro deporrò una corona di alloro sul ciglio della Foiba di Basovizza a Trieste, città martoriata e che, insieme all'intera Venezia Giulia, più ha subito le violenze del regime comunista del maresciallo Tito.
Un vergognoso oblio ha coperto queste vicende per oltre sessanta anni. Per troppo tempo la consapevolezza di ciò che era accaduto viveva solo in migliaia di famiglie di esuli che non riuscivano a darsi pace per la fine dei loro cari; ricordi dolorosi ma pronunciati a mezza bocca, paure lontane ma forzatamente sopite nella incomprensione generale. Nemmeno nei libri di storia nelle scuole vi era traccia di quello che era passato. Molti professori hanno preferito tacere e non insegnare ai propri studenti una pagina buia di storia italiana. Nei vocabolari e nelle enciclopedie alla voce «Foiba» si parlava, quasi beffardamente, solo di «cavità carsica», senza nessun accenno a ciò per cui erano state utilizzate tra il 1943 e il 1945. La cortina di ferro era scesa in Europa da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico e aveva oscurato i crimini titini nella Venezia Giulia.
Solo dopo la caduta del muro di Berlino si è, timidamente, incominciato a parlarne fino all'istituzione della Giornata del Ricordo (voluta fortemente dal governo Berlusconi) con la legge del 2004, volta a conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra (1943-1945), e della più complessa vicenda del confine orientale».
Spiace constatare che per alcuni, però, il muro di Berlino non sia mai caduto. Anche quest'anno, molte, troppe voci negazioniste si sono levate in Italia contestando, sminuendo e disconoscendo la tragedia delle foibe, o, peggio, relegandola a una «memoria di parte». Troppo spesso assistiamo ad un boicottaggio e ad una censura da parte di alcune associazioni, gruppi o collettivi, non solo alle commemorazioni del 10 febbraio ma anche alla divulgazione di film, rappresentazioni teatrali, libri, documentari che vogliono ricordare quella che fu una vera e propria pulizia etnica nella Venezia Giulia e nelle zone limitrofe.
Le violenze delle foibe, ormai acclarate dalla Storia e parte di un disegno repressivo del comunismo titino, devono quindi essere considerate tra le tragedie più efferate del secolo scorso.
In un discorso del 2007, l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - per anni autorevole esponente del Pci - riconobbe le colpe di chi tacque e di chi ignorò la verità «per pregiudiziali ideologiche e cecità politica». Proprio dalla verità storica è necessario ripartire per ottenere quella riconciliazione tra i popoli invocata nel 2007 e stipulata proprio a Trieste nel 2010 durante il «concerto dei tre presidenti». Alla presenza dei capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia si è voluto dare un punto di svolta nelle relazioni fra i tre Stati che ora sono Paesi amici e partner fondamentali all'interno dell'Unione europea. Ecco, la Pace tra nemici di un tempo è il più importante risultato del progetto di De Gasperi, Adenauer e Schuman.
La Giornata del Ricordo è tesa proprio alla volontà di ristabilire la verità, senza pretese di rivincita, ma anche senza
negazionismi. Per questo voglio essere presente da Presidente del Parlamento europeo e da italiano alla foiba di Basovizza. Per non dimenticare quello che accadde ai nostri compatrioti, e perché questo non accada mai più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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