Quello che non doveva succedere è avvenuto. Nelle scorse ore la Dia (Direzione investigativa antimafia) di Genova ha notificato un'interdittiva muovendo dall'ipotesi che ci sarebbero infiltrazioni camorristiche in un'impresa incaricata di lavorare alla ricostruzione del ponte Morandi. Di conseguenza la struttura commissariale ha chiesto la risoluzione del contratto, così che probabilmente si allungheranno i tempi del rifacimento di un'infrastruttura tanto necessaria a Genova e a tutta la regione.
Il ministro Danilo Toninelli ha espresso soddisfazione per il lavoro degli inquirenti, ma in questa situazione è difficile essere allegri. I genovesi non meritano questo sfacelo e se quel ponte sarà costruito con ritardo sappiamo di chi è la responsabilità. All'indomani del disastro, in effetti, proprio Toninelli escluse la possibilità che l'azienda concessionaria (Autostrade, controllata dalla famiglia Benetton) potesse avere un ruolo nei lavori. Usando toni del tutto inadeguati, almeno fino a quando la giustizia non avrà fatto il suo corso, il ministro ha fatto perdere a Genova un'occasione importante. Dopo il crollo e dopo le accuse di una gestione irresponsabile, nessuno più di Autostrade era motivata a rifare il ponte in tempi stretti e con la massima sicurezza. La scelta più seria, non da politici di partito ma da persone serie e responsabili, sarebbe allora consistita nel giocare a favore di Genova e dell'intero Paese la situazione di difficoltà in cui si trovava, e ancora si trova, il gruppo Benetton.
La tragedia ha danneggiato l'immagine dell'azienda e ancor più potrebbe costare al suo bilancio, se dovessero essere ravvisate colpe specifiche. In quel contesto era possibile pretendere che la società anche solo per ragioni di immagine ricostruisse la struttura senza costi per i contribuenti. Se si fosse fatto così ora non dovremmo fare i conti con il problema delle infiltrazioni mafiose e soprattutto non dovremmo temere altri rinvii.
Toninelli ha giocato la carta del giustizialismo giacobino: ha emesso sentenze ancor prima del processo. È stato un comportamento forse efficace sul piano elettorale, perché spesso le folle vogliono un capro espiatorio e poco si curano delle garanzie giudiziarie, ma che ha danneggiato la Liguria e l'intera nostra economia, la quale trae enorme beneficio da Genova e da un porto che, con i suoi 8,7 miliardi di euro, secondo talune valutazioni rappresenta il primo contribuente d'Italia. A questo punto è urgente che nulla freni i lavori e, al tempo stesso, che le aziende vicine alla criminalità organizzata siano messe da parte.
Ma è anche indispensabile che un certo moralismo d'accatto, volto solo ad aumentare i consensi, lasci il posto a un'etica della responsabilità che ponga al centro i diritti delle persone e le loro esigenze. Perché non sarà certo Savonarola a rimettere in piedi il ponte e a riattivare quel sistema viario funzionante di cui oggi tutti i genovesi sentono tanto la mancanza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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