Regioni libere dal 18 maggio, ma c'è la minaccia del governo

In programma una lettera di richiamo ai primi indizi di un non rispetto delle limitazioni previste dalle parziali riaperture sulla base del numero dei contagi: se dopo le contestazioni i governatori non dovessero tornare sui loro passi, potrebbe arrivare un ricorso alla consulta

Regioni libere dal 18 maggio, ma c'è la minaccia del governo

Non siamo ancora arrivati alla Fase2 che già iniziano a profilarsi all'orizzonte le prime problematiche riguardati le varie regioni italiane, una matassa che sembra al momento piuttosto difficile da sbrogliare.

Non è un mistero che subito dopo la conferenza del premier Conte che annunciava le nuove misure per quella che è stata presto definita dall'opposizione come "Fase uno e mezzo", si sia generato un certo malcontento, soprattutto da parte di quelle categorie incluse nel comparto produttivo che si sono viste escluse dalla parziale riapertura.

In conferenza stampa il governatore della Regione Veneto Luca Zaia non ha nascosto le proprie preoccupazioni in merito alle categorie lasciate in attesa e ad un possibile futuro conflitto sociale. "In questi momenti ci vuole sempre senso di responsabilità e obbiettività ma per quanto ce ne metti, non si può non rilevare che ne vien fuori che si stanno dando indicazioni che stanno creando fibrillazione", ha dichiarato commentando le decisioni prese dal governo. "Qui noi manteniamo le nostre famiglie e il resto d'Italia. L'Italia non si può dimenticare di questa zona produttiva. La nostra recessione è la recessione dell'Italia. Magari non è consuetudine dappertutto ma la gente qui vuole andare a lavorare. Capisco che qualcuno in giro è poco interessato a uscire ma qui sosteniamo le nostre famiglie e il Pil dell'Italia. La nostra recessione è la recessione dell'Italia", ha proseguito.

Dello stesso avviso anche le Regioni Liguria, Lombardia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia. In queste ultime ore sono state molte le ordinanze emanate dai governatori, cosa che ha portato il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ad intervenire.

"Diamoci un metodo, puntiamo alla massima collaborazione. Se i vostri uffici si raccordano con i nostri potremo avere ordinanze coerenti con il Dpcm", ha dichiarato il ministro durante una videoconferenza tenutasi oggi con i presidenti delle regioni, come riferito da "Lapresse". "In base al monitoraggio delle prossime settimane ci potranno essere dal 18 maggio scelte differenziate tra le regioni sulle riaperture di attività: il principio è contagi giù uguale più aperture e viceversa. Se l'R0 rimane sotto l'uno si potrà procedere, altrimenti no", ha spiegato Boccia, che ha parlato in maniera non troppo velata di ripercussioni nel caso in cui le linee direttrici tracciate non risultino coerenti con quanto adottato dalle singole regioni. In questo caso, ai governatori sarà recapitata una lettera contenente un primo avvertimento con i punti da modificare per attenersi alle sopra citate direttive. Se anche ciò non dovesse essere sufficiente si potrebbe arrivare addirittura ad un ricorso alla Corte Costituzionale.

"Se ci sono ordinanze non coerenti invio una diffida, una lettera con la scheda indicando le parti incoerenti e la richiesta di rimuoverle (solo in caso di allentamento delle misure). Se non avviene sono costretto a ricorrere all'impugnativa, al Tar o alla Consulta", ha infatti dichiarato il ministro, come riportato da "Repubblica".

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