Le Regioni rosse (non) sono immuni

La temuta seconda ondata non è in tutto uguale alla prima, per fortuna. E non solo per gli aspetti medico-sanitari

Le Regioni rosse (non) sono immuni

La temuta seconda ondata non è in tutto uguale alla prima, per fortuna. E non solo per gli aspetti medico-sanitari. Appena il virus è comparso in Italia, gli ipocriti appelli a non politicizzare l'epidemia sono andati di pari passo alla strumentalizzazione di fatti distorti e numeri attendibili in chiave filo governativa. Ora molti luoghi comuni della propaganda crollano: il Lazio è la regione con la più alta percentuale di sintomatici ospedalizzati, la Campania quella con la quota più elevata di attualmente positivi, l'Emilia Romagna ne ha più della Lombardia, la Puglia ha lo stesso numero assoluto di persone in terapia intensiva del Veneto, ma con quasi un milione di abitanti in meno.

La Lombardia è stata la prima vittima del Coronavirus e ha pagato il tributo più pesante, ma da subito è stata anche il bersaglio preferito di attacchi ignobili. Dalle Rsa lombarde descritte come campi di sterminio, mentre si moriva, purtroppo, in tutte le residenze sanitarie del mondo, all'ospedale d'emergenza anti Covid presso la Fiera di Milano, raccontato come uno spreco di denaro, nonostante fosse analogo a quelli realizzati in tutto il pianeta e per di più pagato con donazioni private.

L'hanno chiamata «infodemia»: la manipolazione delle informazioni sul virus che influenza un'opinione pubblica resa malleabile da ansia e rabbia. Un potente «persuasore occulto», che però alla fine mostra i suoi limiti. La seconda ondata dell'epidemia ne sta già mettendo a nudo alcuni. La mappa della diffusione del virus, ad esempio, si sta rivelando molto più complessa di come la dipingevano i media filo-governativi, quelli che assecondavano le scandalose vanterie di governatori le cui regioni erano appena sfiorate dal virus. Incredibile il messaggio sottostante: i lombardi erano più contagiati perché pagavano una specie di scotto culturale e politico per essere troppo capitalisti e per avere votato per il centrodestra.

Ora che la seconda ondata sta insidiando altre aree, i media filo-governativi corrono a «vaccinare» le regioni giallorosse. Nella mappa della diffusione sono colorati di rosso Lazio e Campania e improvvisamente ci si scopre fatalisti: non è più colpa dei governatori se a Roma il virus si sparge rapidamente e si fanno dodici ore di fila per un tampone. Ma l'assoluzione preventiva per i presidenti di Regione «amici» a qualcuno non basta. Ieri il Fatto Quotidiano ha tentato di rimettere sul banco degli imputati altri presidenti di Regione: alla solita Lombardia si sono aggiunte sulla lista dei cattivi Veneto, Liguria e Campania dove, secondo il direttore del Fatto, «i modelli di lotta al virus hanno fatto flop». Una verità che, sostiene Marco Travaglio, sarebbe stata nascosta fino al voto. Guarda caso, i governatori condannati senza appello (e senza prove) sono proprio quelli che Travaglio consigliava ai grillini di «colpire» usando l'arma del voto disgiunto a favore dei governatori Pd (eccetto ovviamente l'odiato Vincenzo De Luca).

Il Fatto pesca i numeri strategicamente per sostenere la propria tesi.

Eppure è evidente che se gli indicatori del disastro sono le cifre dei contagiati e delle persone in terapia intensiva, una valutazione obiettiva richiede di considerarli in proporzione alla popolazione di ciascuna regione. E si scopre così che la Campania è in crisi ed Emilia e Lazio hanno poco da stare sereni. Ma guai a toccare Bonaccini e Zingaretti, pilastri del governo Conte.

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