Renzi smonta l'inchiesta Open. Il Pd giustizialista sta coi pm

Accusati da un inquirente di depistaggio, scaricati dai colleghi e dall'Anm, difesi da Pd e Cinque stelle. Per i pm del caso David Rossi sono giorni difficili

Renzi smonta l'inchiesta Open. Il Pd giustizialista sta coi pm

Accusati da un inquirente di depistaggio, scaricati dai colleghi e dall'Anm, difesi da Pd e Cinque stelle. Per i pm del caso David Rossi sono giorni difficili. Uno di loro, Antonino Nastasi, è nel mirino di Matteo Renzi perché indaga sulla Fondazione Open assieme al pm Luca Turco. Ieri la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha respinto la pregiudiziale presentata da Pietro Grasso (Leu) dopo la memoria del leader di Italia Viva che dimostrerebbe come i due pm di Firenze abbiano violato la Costituzione in fase di indagine. Colpa di una chat di Renzi agli atti sebbene fosse già senatore. I parlamentari M5s e Pd si sono astenuti, mostrando ancora una volta di essere sottomessi alle toghe e al peggior giustizialismo, come commenta l'ex premier: «Io non chiedo di evitare il processo. La Giunta riconosce un comportamento illegittimo e incostituzionale che dimostrerò in tutte le sedi. Spiace per un partito riformista e garantista come il Pd che oggi insegue M5s e i suoi adepti nel peggior populismo, quello giudiziario». In Aula M5s per bocca di Giuseppe Conte ha già detto che voterà contro il rinvio alla Corte costituzionale. Insomma, pur di fare un dispetto all'ex segretario il Pd - con un voto che pare abbia irritato Andrea Marcucci - ha deciso di abdicare all'indipendenza di Palazzo Madama.

Un tempismo sbagliato, proprio adesso che la solidità corporativa delle toghe mostra delle crepe che ne mettono in dubbio la storia e la credibilità. Tanto che persino l'Anm ha deciso di scaricare i pm del caso Rossi. «Non sono questioni di cui mi occupo», dice al Giornale il presidente del sindacato delle toghe Giuseppe Santalucia, che fa spallucce di fronte alle gravissime rivelazioni alla commissione sul caso Mps del colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, che ha raccontato un gravissimo inquinamento probatorio dell'ufficio dal quale si sarebbe lanciato il 6 marzo 2013 il manager della comunicazione della banca, appena sfiorato dall'inchiesta sulla scalata Antonveneta.

Si tratta pur sempre di un cestino rovesciato su una scrivania, fazzolettini sporchi di sangue spostati, la finestra da cui sarebbe precipitato chiusa, i suoi effetti personali come il telefonino toccati o mossi, presunti bigliettini d'addio che sembrano portati via dalla scena del crimine da uno dei pm, molto prima che la Scientifica potesse cristallizzare la scena del crimine. Tra i magistrati c'è chi legge questa mossa dell'Anm come una sorta di dispetto anche all'ex presidente Eugenio Albamonte, che nel 2017 proprio a Siena aveva convocato il congresso incentrato sulla «visibile perdita di credibilità della magistratura». Parole quanto mai profetiche.

Ma per capire se questa mossa sia o meno una pietra tombale sui magistrati che hanno archiviato i sospetti dei familiari, confermando l'ipotesi del suicidio nonostante i mille più che ragionevoli dubbi sollevati soprattutto dai servizi delle Iene, bisognerà aspettare di capire come si comporterà la Procura di Genova, investita dal presidente della commissione Pierantonio Zanettin delle rivelazioni di Aglieco. A quanto apprende l'Ansa, la Procura ligure sarebbe pronta ad aprire un fascicolo per favoreggiamento, omissione d'atti d'ufficio e falso. Nel mirino lo stesso Nastasi, Aldo Natalini e Nicola Marini. Il problema è che Genova aveva già scandagliato l'ipotesi che i festini gay a cui avrebbero partecipato questi ultimi due e lo stesso Aglieco - come ha confermato ai pm liguri, alle Iene e alla commissione un escort, minacciato da lettere anonime e pedinato fin sotto la commissione dal colonnello, al tempo ex comandante provinciale a Siena - abbiano in qualche modo ostacolato o inquinato le indagini sulla strana morte di Rossi. E dire che anche Aglieco era stato ascoltato dai pm di Genova. Mentre invece non è mai stato interrogato l'ex carabiniere che accusa almeno uno dei tre pm di aver insabbiato le indagini sui festini. La Procura cambierà idea? Non canta vittoria il legale della famiglia Carmelo Miceli, deputato Pd. «Mi auguro che la questione non venga archiviata per prescrizione», dice al Giornale. «Anche se a me interessa solo sapere come è morto David Rossi». D'altronde, persino l'ex deputato di Forza Italia Giancarlo Pittelli, nei guai per 'ndrangheta e legato guarda caso anche all'ex numero uno di Mps Giuseppe Mussari, in un audio reso noto dall'emittente calabrese LaC e rilanciato dalle Iene aveva detto: «Rossi è stato ammazzato, se si sa chi è stato...». Mussari sarà a breve ascoltato dalla commissione, Pittelli chissà...

Intanto i parlamentari saranno presto in missione a Siena assieme ai carabinieri di Ris, Ros e Racis. «Valuteremo bene se la caduta è compatibile con quello che ad oggi è emerso - dice al Giornale Walter Rizzetto di Fdi, uno degli ispiratori della commissione - e le anticipo che grazie a un software simuleremo anche una caduta da un piano diverso dal terzo».

La famiglia invoca l'intervento del Guardasigilli affinché il ministro Marta Cartabia mandi presto gli 007 a Siena e a Genova e prepara una conferenza stampa per domani.

Sollecitato dal Giornale, il Csm invece tace sul futuro dei tre magistrati. Altro segnale che il loro destino appare in qualche modo segnato.

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