Il retroscena del Conclave: il passo indetro di Scola come Bergoglio nel 2005

L'arcivescovo di Milano era in pole position per diventare papa: per evitare lo stallo avrebbe fatto convergere i propri voti sul cardinale gesuita

Il cardinale Angelo Scola avrebbe volontariamente fatto un passo indietro. Dopo aver totalizzato un buon numero di preferenze raggiunte nella votazione del mattino, l'arcivescovo di Milano avrebbe infatti ripercorso gli stessi passi che nel 2005, durante il precedente Conclave, fece lo stesso Jorge Maria Bergoglio, quando si fece da parte per lasciare spazio a Joseph Ratzinger. È quanto emerge dalle prime ricostruzioni su quanto sarebbe avvenuto ieri, nel chiuso della Cappella Sistina, tra i cardinali riuniti per eleggere il nuovo Pontefice.

Indubbiamente l’elezione di papa Francesco ha sorpreso tutti. Non era nelle previsioni della vigilia, per quanto ovviamente possano valere le previsioni di fronte a un evento che sempre è esposto a colpi di scena. Ma certo, le "cordate" dei porporati sembravano orientate in un’altra direzione. Su altri nomi. Odilo Scherer, Peter Erdo, Timothy Dolan. E Angelo Scola, appunto. Il cardinale arcivescovo di Milano era dato in pole position. Fa riflettere, in questo senso, anche la nota fatta circolare dalla Cei che qualche minuto dopo l’annuncio del nuovo papa rivolgeva i propri auguri a Scola, tramutandosi in una gaffe. Certo, potrebbe trattarsi solo di un clic sul comunicato sbagliato. Ma la coincidenza con il tam tam che da più parti si era messo in moto e che dava Scola papa, non è passato inosservato. Alcune fonti riferiscono, inoltre, che anche Avvenire abbia dovuto rivedere la propria impaginazione. Certo, si osservava nei giorni scorsi, o Scola passa subito, alle prime battute, oppure il quadro potrebbe cambiare. Come, in effetti, è cambiato.

Quando si è introdotto l’elemento di novità che ha fatto imposto un’altra direzione al Conclave? Sembra che un momento decisivo sia stato il pranzo di ieri tra i cardinali nella residenza di Santa Marta, dopo i due scrutini del mattino che avevano prodotto fumata nera. A mattinata conclusa Scola, secondo quanto riferiscono alcune fonti, poteva contare su un pacchetto di una cinquantina di voti. Non pochi, ma neppure abbastanza per dire che i giochi erano fatti, visto che il quorum era di 77. Anzi, il rischio era quello di uno stallo. La situazione peggiore, che i porporati volevano assolutamente evitare, anche per non dare al mondo l’immagine di una Chiesa che non riesce a trovare l’accordo e a scegliere il proprio pastore. A questo punto, lo stesso Scola avrebbe fatto chiaramente capire, conversando con gli altri cardinali durante il pranzo, di non voler diventare "una candidatura di divisione" e avrebbe invitato a "lavorare per l’unità".

Sull'arcivescovo di Milano, che pure aveva molti sostenitori, pesavano le posizioni non favorevoli di parte della Curia. Molto meno avrebbe pesato invece, per lo meno sugli orientamenti dei porporati italiani, la sua vicinanza a Comunione e Liberazione (che qualche perplessità ha suscitato invece tra le porpore statunitensi), tanto più che il rapporto di Scola con Cl è in realtà più legato al passato e al fondatore don Luigi Giussani che al presente. Quando Scola si è fatto indietro, l’ipotesi Bergoglio è riuscita subito a convogliare su di sé i voti necessari, accolta con grande entusiasmo anche dai cardinali statunitensi.

E forse, al di là del salire e scendere delle candidature prima e durante il Conclave e delle tante previsioni, c’è chi questo esito lo aveva già chiaro da prima, forte di una lunga esperienza. "Il nuovo papa sarà un gesuita", aveva confidato un importante porporato ai suoi commensali la scorsa settimana. E quei commensali ieri sono rimasti doppiamente stupiti.

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