Le parole di Gian Marco Capitani dal palco di Bologna durante il presidio dei no pass di venerdì hanno scatenato una furiosa polemica. "Una donna vergognosa che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia e che è Liliana Segre, dovrebbe sparire", ha detto l'attivista del gruppo Primum non nocere. La condanna della politica è stata bipartisan, tutti gli esponenti si sono schierati a favore della senatrice a vita e lo stesso Capitani, capeno di averla detta troppo grossa, ha provato a correre ai ripari con una lettera di scuse diretta a Liliana Segre, che attraverso il Corriere della sera ha fatto sapere di non voler replicare.
"Da parte di una persona che come ultimo atto della sua vita ha promosso una Commissione contro l'istigazione all'odio, la risposta ora è il silenzio", ha detto Liliana Segre, spegnendo in questo modo ogni polemica e ogni ulteriore possibilità di replica da parte di Capitani.
"Nell'impeto del momento ho detto che Lei dovrebbe 'sparire da dov'è'. Il termine 'sparire' è stato certamente infelice e mi dispiace non essermi espresso in modo più appropriato. La mia opinione è semplicemente legata al ruolo di presidenza della commissione per il contrasto dell'intolleranza da Lei ricoperto", ha scritto Gian Marco Capitani nella speranza di mettere una pezza al caos generato. Ma nella sua lettera esprime anche il motivo per cui si è espresso con tale veemenza: "In quel ruolo ritengo che Lei abbia il dovere di esprimersi contro ogni violenza, anche se è rivolta a chi non la pensa come Lei".
Precisando di non essere razzista, ha poi aggiunto: "Ho provato ad interloquire con Lei nella certezza di poter trovare ascolto e mi son ritrovato giudicato per una singola parola. Nell'ultimo anno e mezzo non si contano le frasi violente e le istigazioni alla violenza espresse nei confronti di chi ha una diversa opinione sulla campagna di vaccinazione di massa in corso". Convinto delle sue ragioni, Capitani dice alla Segre che "su questo avrei tanto voluto sentire la Sua voce, una parola di ferma condanna nei confronti di chi ha scatenato una sorta di caccia all'uomo. Questa non è violenza? Non è discriminazione? Non c'è istigazione all'odio nel far passare l'equazione manifestanti uguale terroristi?".
Quindi conclude con un un parallelismo nemmeno troppo implicito: "Sono certo che Lei più di chiunque altro possa capire cosa significhi sentirsi discriminati. Lei più di altri può comprendere cosa significhi essere segnati con una sorta di marchio di infamia". Giustamente, Liliana Segre preferisce il silenzio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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