Un nuovo test cambia tutto: "La saliva predice il Covid"

Un nuovo studio potrebbe cambiare tutto: i test sulla saliva sarebbero più efficaci dei nasofaringei. "Si può predire l'evoluzione della malattia", affermano i ricercatori. "Nuovi approcci terapeutici, scoperta non da poco"

Un nuovo test cambia tutto: "La saliva predice il Covid"

Se ne era parlato nei mesi scorsi ma poi tutto è caduto nel dimenticatoio o meglio, i risultati ottenuti non erano stati così convincenti. Adesso, però, sembra che la situazione sia destinata a cambiare: un nuovo studio ha messo in luce che i test sulla saliva possono essere ancora più efficienti dei tamponi nasali riuscendo a predire la gravità della malattia causata dal Covid-19.

Cosa dice lo studio

"Abbiamo scoperto che la carica virale della saliva era significativamente più alta in quelli che hanno manifestato un aumento della gravità della malattia e mostrava una capacità superiore rispetto alla carica virale rinofaringea come predittore di mortalità nel tempo", hanno scritto i ricercatori della Yale University in uno studio pubblicato su Medrxiv e condotto su 154 pazienti nei quali hanno confrontato la carica virale presente sia nella saliva che nel muco nasofaringeo. I pazienti sono stati suddivisi in gruppi differenti in base alla quantità di virus (bassa, media e alta) e, infine, sono stati confrontati questi dati con la gravità dei sintomi che i pazienti hanno sviluppato in seguito. Un'analisi completa ha rivelato che una forte carica virale presente nella saliva era associata ad una maggiore gravità della malattia. Questa carica virale è stata associata a molti marcatori infiammatori Covid-19 ed a citochine di risposta immunitaria di tipo 1. In pratica, i ricercatori hanno visto che l'evoluzione della malattia è stata scoperta dai test sulla saliva e non da quelli con il tampone nasofaringeo.

Differenze con il tampone

Secondo le conclusioni dello studio, quindi, il test della saliva potrebbe predire meglio l’esito della malattia rispetto al classico tampone perché, secondo quanto sostenuto dai ricercatori, "riflette soltanto la replicazione virale del tratto respiratorio superiore, fondamentale per la trasmissione del coronavirus, ma non di quello inferiore, la chiave della gravità della malattia. La saliva può rappresentare meglio ciò che sta accadendo nel tratto respiratorio inferiore”, spiega l'immunologa giapponese Akiko Iwasaki, capo della ricerca, precisando che "le ciglia che rivestono il tratto respiratorio spostano naturalmente il muco dai polmoni alla gola, dove si mischia con la saliva", si legge sulla rivista scientifica Galileonet. Questi risultati sono ancora preliminari e, quindi, non sufficienti a dimostrare. I risultati sono ancora preliminari e sufficienti a dimostrare quante probabilità ha una persona con un’elevata carica virale della saliva di sviluppare gravi forme della malattia: serviranno ulteriori ricerche per poter confermare questi nuovi dati.

"Nuovi approcci terapeutici"

"È un articolo che deve essere ancora valutato e revisionato, non è definitivo. Tuttavia, anche se il numero dei pazienti studiati non è molto alto, ci offre un'interpretazione innovativa della patologia: per la prima volta, su un sito che solitamente non viene testato come quello della saliva, la carica virale può diventare un marcatore del virus per prevedere quanto sarà grave la malattia da Covid-19. Da un punto di vista prognostico e dell'approccio terapeutico potrebbe cambiare le cose": è quanto ha detto in esclusiva per ilgiornale.it il Prof. Marco Falcone, ricercatore di Malattie Infettive all'Università di Pisa, in forza all'Unità operativa dell'Aoup e membro del consiglio direttivo della Simit (Società italiana di malatti infettive e tropicali).

Quali applicazioni? Quindi, se questi test salivari daranno gli esiti sperati, si potrebbe aprire la strada a nuovi approcci all'infezione da Sars-Cov-2. In che modo? "Chi ha un'alta carica sulla saliva potrebbe iniziare una terapia antivirale indipendentemente dalle condizioni del paziente", afferma il Prof. Falcone, che riporta l'esempio del remdesivir, il farmaco che viene somministrato soltanto in base al grado di compromissione della funzione respiratoria ma non è approvato per tutti i pazienti. "Potrebbe valere, quindi, il grado di carica virale sulla saliva, sarebbe utile - aggiunge - Oppure potrebbe aprire la strada alla cura con gli anticorpi monoclonali somministrati precocemente: ad esempio, si potrebbero usare anche se il malato non ha grandi sintomi ma ha un'alta carica virale sulla saliva, stessa cosa per la cura con il plasma iperimmune. Insomma, questo dato potrebbe avere una valenza sia nel prevedere la prognosi che modificare l'approccio terapeutico", ci dice il ricercatore.

L'importanza degli anticorpi. Quello che viene fuori da questo studio è la correlazione tra la carica virale nella saliva e la produzione di anticorpi: più si riduce la carica virale, più rapidamente si producono anticorpi e più rapidamente si guarisce. E c'è anche un rapporto tra alcuni marcatori di infiammazione che si dosano nel sangue dei malati. "Viceversa, il tapone nasofaringeo non ha una grossa correlazione con la clinica: abbiamo pazienti totalmente asintomatici che rimangono positivi anche per mesi, pazienti che sono gravemente sintomatici che magari hanno un tampone con una carica virale non particolarmente elevata. Non vi è correlazione tra la carica e la gravità", afferma. E lo stesso discorso vale anche per il sangue: quando il virus viene rilevato non c'è correlazione tra la carica virale e la gravità della malattia. "Se la saliva diventasse un sito da cui si può prevedere l'evoluzione del Covid, sarebbe un'informazione molto rilevante".

Test salivari, saranno il futuro?

In realtà, alcuni test salivari rapidi esistono già ma sono test antigenici, non molecolari. In pratica non ti dicono quanta carica virale c'è e, quindi, come potrà evolvere la malattia. Questa nuova ricerca, però, potrebbe spalacare le porte a nuovi approcci terapeutici. "Serviranno test molecolari su saliva per identificare non soltanto positività o negatività ma per quantificare la carica: un dato molto alto che superi un certo limite potrebbe essere la spia di un paziente che può sviluppare una forma di Covid più grave e deve essere ospedalizzato tempestivamente oppure ricevere un certo tipo di trattamento. Avere un sito facilmente prelevabile come la saliva, che correla con l'evoluzione clinica del Covid, sarebbe una scoperta non da poco", ci dice il Prof. Falcone.

Differenza test rapidi e molecolari

L'argomento è ormai di uso e consumo quotidiano: il ministero della Salute ha inserito, nel bollettino che emana quotidianamente, anche la conta dei test rapidi che hanno fatto abbassare l'indice di positività. Come mai? "Mentre il tampone molecolare viene prescritto dal medico di base quando, generalmente, c'è un motivo, i test rapidi sono disponibili anche senza prescrizione. Probabilmente tante persone lo fanno anche in assenza di sintomatologia, ecco perché si abbassa la percentuale", ci ha spiegato. Ma c'è qualcosa che non sappiamo e differenzia enormemente le due tipologie di test: "I test rapidi hanno un metodo diverso, non verificano la presenza dei geni del virus ma soltanto gli antigeni di alcune proteine del virus, sono molto più semplici. Non richiedono il laboratorio di virologia come il tampone molecolare - afferma il ricercatore - In un primo momento i test rapidi sono stati poco presi in considerazione per la scarsa affidabilità, quelli di seconda generazione hanno una tecnica più evoluta con una precisione superiore al 90% molto simile al molecolare".

Inoltre, è molto interessante sapere che questi test rapidi funzionano bene soprattutto in presenza di un alto livello di circolazione del virus come avviene in questo momento in Italia ed in Europa. Se la circolazione del virus cala, contemporaneamente, si abbassa anche l'affidabilità dei test rapidi e si dovrebbe tornare soltanto al molecolare. "Questo significa che i test rapidi hanno un valore adesso che c'è un'epidemia abbastanza diffusa ma se vogliamo fare uno screening in un periodo con poca circolazione del virus la performance cala e bisogna tornare al molecolare. In questo momento hanno una buona performance ma non sono test molecolari, non hanno la stessa affidabilità", conclude Falcone.

Le sperimentazioni nel mondo

A partire dalla prossima settimana, i dipendenti di Air New Zealand saranno invitati a partecipare ad uno studio di rilevamento del Covid-19 con campioni di saliva per vedere se è un metodo efficace e più semplice per rilevare il virus rispetto all'attuale test con tampone nasofaringeo. Lo studio è stato recentemente approvato dal Comitato Etico Nazionale per la Salute e la Disabilità del Ministero della Salute (ESR) della Nuova Zelanda. L'ufficiale medico capo di Air New Zealand, il Dott. Ben Johnston, afferma che la compagnia aerea è desiderosa di indagare su come rendere il processo di test il più semplice, facile e confortevole possibile per il suo equipaggio, i piloti e il personale dell'aeroporto, che vengono testati regolarmente. "Questo studio ci avvicinerà di un passo all'analisi dell'efficacia del test della saliva che migliorerebbe notevolmente l'esperienza per la nostra gente", afferma su una rivista specializzata neozelandese. Lo studio durerà da due a tre mesi e si svolgerà insieme al tampone nasofaringeo esistente. L'ESR confronterà l'accuratezza della saliva e del normale rinofaringe nei suoi laboratori.

Stessa cosa accade anche in Canada: un nuovo studio ha scoperto che il test della saliva è efficiente quanto il test nasale. Come riportato da CtvNews, la pubblicazione è appena avvenuta sulla rivista specializzata Jama Internal Medicine.

"I ricercatori hanno scoperto che l'accuratezza diagnostica dei test di amplificazione dell'acido nucleico della saliva (NAAT) era simile a quella del tampone nasofaringeo NAAT, specialmente in ambito ambulatoriale", si legge nel comunicato. A questo punto non resta che vedere cosa accadrà nelle prossime settimane, in Italia e nel mondo: diremo addio ai tamponi nasali? Speriamo di dire addio, quanto prima, al Coronavirus.

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