Gli scandali di Mps: ecco perché Siena tace sulla morte di Rossi

Ecco cosa c'entrano gli scandali finanziari del Monte dei Paschi di Siena con il giallo sulla morte di David Rossi

Gli scandali di Mps: ecco perché Siena tace sulla morte di Rossi

Il giallo sulla morte di David Rossi, sfociato in uno dei più grossi scandali giudiziari del nostro Paese, si sviluppa durante una delle più grandi crisi economiche e finanziarie di quella che era una delle banche più solide in Italia. Il Monte dei Paschi di Siena. Per comprendere cosa abbia portato, dopo la morte del manager senese, al verificarsi delle oscure vicende attorno a quel caso è importante ripercorrere le fila di quello che stavano affrontando, in quel momento storico, i più alti dirigenti della banca di Siena.

Chi sono i protagonisti degli scandali di Mps? Di cosa erano accusati i più stretti collaboratori di David nel 2013, quando il Rossi è volato dalla finestra perdendo la vita?

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É novembre del 2007 quando, i capi di Mps, firmano l’affare che si rivelerà il primo passo falso che li metterà con le spalle al muro. L’acquisizione di banca Antonveneta. 9 miliardi spesi per la compravendita e più di 7 miliardi di debiti da risanare. Cifre da capogiro. Troppo altre per il Monte dei Paschi di Siena. Difficili da sostenere per chiunque, in quegli anni. Nel momento in cui si palesavano le conseguenze della più pesante crisi finanziaria degli ultimi anni. L’errore eclatante si materiallizzerà in dieci miliardi di aumenti di capitali persi. La Fondazione Mps precipita. Con un patrimonio di 6 miliardi andato in fumo e ridotto ad 500 milioni di euro. Nella ricca Siena tenuta in piedi dal colosso di Mps, dopo il 2007 tutto è iniziato a crollare. A sgretolarsi a poco a poco, a colpi di processi e inchieste da capogiro.

Vengono indagati gli ex vertici della banca, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni e i capi della successiva gestione di Mps che avevano il compito di salvare la banca, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Il presidente della MPS (oltre che presidente dell’ABI.), Giuseppe Mussari, nel 2013 viene indagato dalla Procura di Siena per le presunte irregolarità nelle operazioni effettuate dalla banca senese, tra il 2008 e il 2012, per coprire le perdite dovute all'acquisizione di Antonveneta. Insieme a lui, finiscono a processo l’ex direttore generale Antonio Vigni e l’ex direttore dell’area finanza Gianluca Baldassarri. Oltre ad altri dieci imputati per un secondo filone d’inchiesta. Che riguarda, i contratti derivati sottoscritti con le banche straniere Nomura e Deutsche Bank che, secondo gli inquirenti, sono serviti per camuffare i bilanci e nascondere il reale disastro causato dall'acquisizione di Antonveneta. I reati ipotizzati dalla procura di Siena sono manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’autorità di vigilanza.

In poche parole, l’obiettivo era quello di utilizzare i derivati per camuffare le perdite dovute alle operazioni fallimentari. La banca si affida prima al derivato Santorini (tramite la Deutsche Bank). Qualche anno dopo, ci prova anche con Alexandria. Poi lo scoppio. Entra nel vivo la crisi finanziaria. La Lehman Brothers crolla e l’Alexandria genera una perdita di oltre 200 milioni di Euro. Mps decide di non informare Bankitalia, non dichiarando i derivati in bilancio. Vende invece gli Alexandria alla banca giapponese Nomura. Nel frattempo anche il Santorini scende a impicchiata.

La manovra fraudolenta porterà, nell’ottobre del 2014, alla condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarre, per ostacolo alla autorità di vigilanza oltre che alle accuse nei confronti di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Anche loro finiscono a processo. I due banchieri, nel 2012, avevano preso in mano le redini di Mps con il compito di salvare i conti della banca senese. Dopo poco, si ritroveranno accusati di aggiotaggio e falso in bilancio. Il ruolo di queste operazioni, volte a mascherare le perdite di Mps nel 2008, emergono proprio negli anni della loro gestione. Tutto quello che faranno, i nuovi uomini di Mps, sarà continuare l’opera di Mussari e Vigni proseguendo nell’impostazione di non contabilizzare i derivati come tali a bilancio. Tutto fino al 2015 quando la Consob ne imporrà la riscrittura. Ma perchè perseverare in questa gioco mortale? Il non avere dichiarato i derivati, secondo quando ipotizzato dalla procura, avrebbe consentito alla banca di mantenere i requisiti per accedere agli aiuti di Stato sotto forma di “Monti Bond”, senza far crollare il patrimonio della Fondazione. Si tratta delle obbligazioni emesse da Mps e sottoscritte dallo Stato per aiutare la banca a rafforzare il suo capitale. Un regalo di 4 miliardi. Ad alto tasso di interesse (sopra il 10% annuo), per Mps.

Non era la prima volta che la banca dovette ricorrere a prestiti del governo e era chiaro quanto fosse importante intascare anche gli ultimi aiuti. La situazione dei conti di Mps, ridotti all’osso dopo l’acquisto di Antonveneta, precipita nel 2011. É lì infatti, che la banca è costretta a ricorrere ai "Tremonti-bond" per rafforzare il suo capitale. La cifra è di 1,9 miliardi. Prestito che Mps non riuscirà a restiturire. Nel frattempo, era scoppiata la crisi dello spread e il portafoglio del Monte era pieno di titoli di stato italiani. Così,si ricorre ai nuovi “Monti bond”. Sia per rifinanziare il vecchio debito, sia per ottenere nuovi capitali.

Un errore dietro l’altro. Truffe, segreti e falsità per salvare la faccia di una delle tre banche più potenti d’Italia. E non solo. Perchè oltre alla sua potenza a livello nazionale quello che rimaneva unico, nella banca senese fondata nel lontano 1472, era la forza spietata del legame che aveva con la città che ne ospita la sede. Ed è in questo contesto che muore David Rossi. Nel bel mezzo dei maxi sequestri. Tra i processi che stavano per smascherare i segreti di uno dei colossi più rinomati di tutto il Paese. Mentre le fondamenta del Monte dei Paschi tremano, muore colui che, negli anni, era stato il braccio destro dei più alti esponenti della banca. Tutti finiti a processo.

“Quando la Procura decide che quello di David è un suicidio. Il clima che c’è in qul momento a Siena è complesso.” Spiega Davide Vecchi, che al tempo seguì tutta la questione di Mps per Il Fatto Quotidiano. “Parliamo di una città che era la città più ricca d’Italia. Una ricchezza data fondamentalmente da Mps, dalla Fondazione. Questi, che avevano la nomea di essere i capi di una delle banche più forti d’Italia, si ritrovano, nel giro di pochi mesi, ad essere descritti come gli uomini ai vertici dell’inferno. A capo di un luogo cosparso dalle ombre della massoneria, delle tangenti…qualsiasi cosa orribile stava dentro il Monte dei Paschi.” Rossi e Mussari diventano da essere gli uomini più acclamati della città ad essere additati come i criminali che quella città l’avevano distrutta. “I pm che seguivano l’indagine venivano descritti come i tre moschettieri che sfidavano il potere - continua Vecchi - E anche se oggi sembra assurdo loro ci credevano. Si sentivano venerati in quel momento. Quando si sono trovati David morto sotto la finestra del suo ufficio hanno deciso subito, in maniera superficialissima, che quello fosse un suicidio.

Nonostante le evidenze di quella superficilità spudorata che ha trainato le indagini sul decesso del capo delle relazioni esterne di Mps nessuno avrà mai il coraggio di aprire bocca per disinnescare quel meccanismo intrinso di errori con cui la procura stava facendo le indagini. Chiunque avesse parlato, in quel momento, si sarebbe trovato incastrato in un tunnel buio e spaventoso dentro il quale avrebbe potuto esserci di tutto.

Toccare i vecchi idoli del potere senese diventati i mostri della citta del Palio faceva e fa paura. E nel turbine di inchieste e segreti intangibili Siena tace. Si rivela il regno dell’omertà. Un’omertà che finirà per diventare la causa di una morte mai accertata.

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