Tre condanne e sei assoluzioni. È questa la sentenza definitiva della Corte d'Assise di Torino per gli scontri avvenuti in piazza San Carlo, nel capoluogo piemontese, il 3 giugno del 2017. Sei dei nove imputati sono stati assolti con la formula piena dall'accusa di lesioni, disastro e omicidio colposi "per non aver commesso il fatto".
Gli scontri
I fatti risalgono alla sera del 3 giugno 2017. Durante la proiezione della finale di Champions League in piazza San Carlo, a Torino, un gruppo di magrebini - identificati successivamente come la "gang del peperoncino" - spruzzò spray urticante sulla folla causando oltre 1600 feriti tra i tifosi bianconeri e due vittime. Due donne, Erika Pioletti e Marisa Amato persero la vita. La prima morì pochi giorni dopo il ricovero in ospedale; la seconda vittima - rimasta tetraplagica - è deceduta nel 2019. Per l'accusa, sostenuta dal pm Pacileo, il raduno era stato organizzato frettolosamente e senza adeguate misure di sicurezza. Ragion per cui finì a processo anche l'ex sindaco Chiara Appendino condannata poi a 18 mesi.
Le condanne
A due anni dagli scontri, la Corte d'Assise di Torino ha condannato il funzionario della Questura di Torino Michele Mollo (un anno e 4 mesi), un altro funzionario di polizia, Alberto Bonzano (un anno e 2 mesi) il dirigente della polizia municipale Marco Sgarbi. Assolti "per non aver commesso il fatto" i dirigenti del Comune di Torino, Chiara Bobbio e Paolo Lubbia, il viceprefetto Roberto Dosio, i componenti della commissione provinciale di vigilanza Franco Negroni e Pasquale Piro e il funzionario dei vigili del fuoco, Diego Longhin. Per tutti l'accusa era lesioni, disastro e omicidio colposi.
Il risarcimento
Ammonta a un milione e centomila euro, invece, la provvisionale assegnata dalla corte di Assise di Torino ai familiari di Marisa Amato. I giudici hanno riconosciuto 500 mila euro al marito e 300 mila euro a ciascuno dei due figli. I responsabili civili, nel procedimento, sono il Comune di Torino e il Ministero dell'Interno. Per la quantificazione complessiva dell'indennizzo si potrà procedere in sede civile. "La sentenza purtroppo non riporterà in vita Marisa Amato.
L'auspicio è quindi che questa decisione, di indubbio impatto giuridico nelle materie della safety e security, diventi anche uno stimolo culturale affinché tragedie di questo tipo non si ripetano", ha commento l'avvocato Nicola Menardo, dello Studio Grande Stevens, difensore dei familiari della donna all'Ansa.
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