Se la D'Urso manda in tilt i radical chic

Il mondo della sinistra chic è in subbuglio perché Nicola Zingaretti, leader del Pd, ha osato parlare bene di Barbara D'Urso

Se la D'Urso manda in tilt i radical chic

Il mondo della sinistra chic è in subbuglio perché Nicola Zingaretti, leader del Pd, ha osato parlare bene di Barbara D'Urso e dei suoi programmi pop e si è detto dispiaciuto («ha portato la voce della politica vicino alla gente») per l'annuncio della chiusura anticipata a fine marzo della prima serata domenicale Live non è la D'Urso. Non entro nel merito delle decisioni di Mediaset, non sono affari miei. Ma nel merito della scomposta reazione alle parole di Zingaretti qualche cosa si può dire, anche perché a dare fiato alle trombe non è stata la solita partita di giro di femministe rancorose con le donne e invidiose di quelle che ce l'hanno fatta, ma sono scesi in campo pezzi da novanta degli opinionisti, a partire da Massimo Gramellini che ogni mattina delizia i suoi lettori con un buon Caffè sulla prima pagina del Corriere, ma che come tutti gli intellettuali di sinistra ritiene la cultura cosa solo loro, perdendo così smalto e originalità.

Ora spiegatemi perché uno di sinistra non dovrebbe poter ammirare Barbara D'Urso (ovviamente non è obbligatorio), che per altro non è artista né di destra né di sinistra, ma semplicemente pop. «Pop abbreviazione del termine inglese popular («popolare»), con cui sono state qualificate produzioni e manifestazioni artistiche di vario tipo che hanno avuto diffusione di massa nella seconda metà del Novecento», si legge sul dizionario Treccani. Ma rimaniamo sul piano della politica. Barbara D'Urso è stata il prototipo dell'emancipazione femminile, una carriera mai chiacchierata che ha prodotto quell'indipendenza economica e sociale che tanto piace alle compagne. Ma c'è di più: Barbara D'Urso nella sue trasmissioni ha sdoganato gay, lesbiche, trans, coppie omo e bisessuali, insomma l'assoluta libertà di genere (che a volte sì, è un po' trash) ben prima e con più coraggio di quanto il Pd abbia fatto in parlamento e nella società. E lo stesso vale per i colori della pelle e le fedi religiose. Le sue trasmissioni sono una sana babele di umanità, ha fatto persino uscire facce da botox e seni rifatti dai salotti bene della sinistra, dove sono nati e vissuti per anni in clandestinità. E poi le storie di disperazione che non trovano più spazio su giornaloni e talk, lo svago popolare che una volta era esclusiva delle feste dell'Unità, tra un dibattito e una salamella a rutto libero e canotta di ordinanza.

Di Barbara D'Urso mi fa paura solo un invito a cena: bene che ti vada ti ritrovi a mangiare non al Principe di Savoia ma, purtroppo, su un tavolone comune in qualche balera (sì, esistono ancora) con anziani sconosciuti che la adorano e con i quali balla come una matta e almeno tre gay che le fanno da guardia del corpo.

Per me in effetti è un po' troppo, ma per Gramellini dovrebbe essere pane quotidiano, altrimenti prendiamo atto che la D'Urso è di sinistra e che quello di destra è lui.

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