Se sono i liberali a salvare lo Stato

Non è mai facile fidarsi della macchina dello Stato. Ti ci perdi. Non la riconosci. È un labirinto che ti appare senza fine, ti disorienta, ti ingoia, e non ti viene facile chiamarlo amico

Se sono i liberali a salvare lo Stato

Non è mai facile fidarsi della macchina dello Stato. Ti ci perdi. Non la riconosci. È un labirinto che ti appare senza fine, ti disorienta, ti ingoia, e non ti viene facile chiamarlo amico. Non ti rassicura neppure sentirti dire che «lo Stato siamo noi». Quel «noi» sa di distopia, ti riporta ai romanzi di Aldous Huxley, di Evgenij Zamjátin o di George Orwell. Lo Stato non siamo noi, non sei tu. Lo Stato sono loro. Sono quelli che se hai un problema te lo complicano. Sono gli uffici che ti rimbalzano da un universo all'altro. Sono le non risposte, le attese, i cavilli, le pratiche da smaltire da secoli. Lo Stato è la Salerno-Reggio Calabria. È gli amici degli amici. Lo Stato, ti viene da pensare, è un luogo comune che dura da troppo tempo. È l'immagine, magari stereotipata, di un orco grasso e malmostoso. Un orco che è diventato vecchio in fretta.

Tanti ci hanno provato a cambiarne l'immagine. Per anni e anni si è parlato di rendere più umana la burocrazia: meno regole e più buon senso. Non basta però stampare un sorriso sulla faccia dell'orco. Non serve neppure un bacio. L'orco va reso intelligente e non è affatto semplice, perché i suoi neuroni non si parlano e ha troppe braccia, troppe viscere. È indolente e affamato e poi si difende. Il suo istinto di sopravvivenza lo rende diffidente. Non ama alcun tipo di mutamento. Nella sua testa tutto ciò che non cambia è buono e rassicurante. L'orco è più forte di chi lavora al suo interno e butta ai margini riformisti e sognatori. L'orco resiste, resiste, resiste.

Draghi e Brunetta, con l'aiuto di Cingolani e Colao, hanno scelto di cominciare la loro impresa proprio dall'orco. È la prima grande riforma messa in cantiere. È una sorta di pietra angolare. La pubblica amministrazione è il punto di partenza per immaginare una ricostruzione, un «rinascimento», italiano. È da lì che passa il destino del piano «Next Generation». L'idea è snellire, velocizzare e ringiovanire. È mettere idee nella testa dell'orco e scommettere sul «fattore umano». È la macchina burocratica che torna a fidarsi dei cittadini. È, bisogna riconoscerlo, un modo per dare lavoro ai giovani. Alla base c'è anche un patto con i sindacati.

È importante, perché per riuscire nell'impresa serve anche un sindacato non arroccato a difendere caste e rendite di posizione. Non si sa come finirà. Una nota finale. Questa avrebbe potuto essere la grande impresa della sinistra statalista: dare fiducia alla pubblica amministrazione. La stanno facendo i liberali.

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