La Sea Watch ancora al "lavoro": l'Ong recupera altri 47 immigrati. Salvini: "No sbarchi in Italia"

Sea Watch è stata informata da Allarm Phone: immigrati tutti a bordo. Ora si apre l'incognita del porto di sbarco

Twitter Sea Watch
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Qualche giorno dopo il caso Sea Watch e Sea Eye ferme al largo di Malta ed ecco che lo spettro di una nuova crisi "diplomatica" rischia di investire il Mediterraneo. La Ong tedesca ha infatti recuperato altri 47 migranti al largo delle coste libiche ed ora sono tutti a bordo.

La notizia è stata diffusa dalla stessa Sea Watch a poche ore dal naufragio in cui hanno perso la vita 117 migranti, tra cui anche donne e bambini. "Abbiamo appena concluso il soccorso di 47 persone da un gommone in distress - scrive l'Ong sui profili social - Questa mattina @alarm_phone e #Moonbird avevano informato la nave e le autorità competenti di un possibile caso; #SeaWatch si è recata sul posto e li ha soccorsi. Ora sono tutti a bordo, al sicuro". Alarm Phone è un'organizzazione indipendente di soccorso telefonico, mentre il Moonbird è l'aeroplano dell'ong utilizzato per pattugliare il mare.

Non è ancora chiaro se l'evento di Sar sia stato coordinato dalla Guardia costiera italiana, da quella libica o da nessuna delle due. Se l'Ong avesse deciso di operare da sola, allora si riaprirebbe una situazione di stallo come quella successa per Sea Eye e Sea Watch. È infatti possibile che Malta e Italia non diano l'autorizzazione allo sbarco alla nave, se il coordinamento delle operazioni non era stato autorizzato dai Roma o La Valletta. La Libia, come noto, è fuori discussione visto che le Ong non intendono riportare a Tripoli gli immigrati.

Immediata, su Facebook, è arrivata la replica del ministro Salvini: "Una delle navi ha recuperato altre persone - dice su Facebook - Si scordino di ricominciare la solita

manfrina. No, in Italia no. Si scordino di ricominciare come a Natale il solito ritornello: 'aprite, spalancate, accogliete': No, no, no. In Italia i porti erano, sono e restano chiusi. La difesa dei sacri confini è un dovere".

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