Segre, il bacio allo studente di destra lezione a Strada

Segre, il bacio allo studente di destra lezione a Strada

Liliana Segre e Gino Strada. Una donna maiuscola e un uomo minuscolo. Ieri mattina, quasi contemporaneamente, per uno strano gioco del destino, hanno incarnato il meglio e il peggio del Paese. Lei, sopravvissuta all'Olocausto, attivista e senatrice a vita della Repubblica. Lui, medico fondatore di Emergency, non sopravvissuto alla scuola d'odio del peggior '68. «La differenza tra Meloni e Salvini? Anche tra i gerarchi nazisti c'era discussione fra chi rappresentava meglio la destra...», attacca Strada a Circo Massimo, ospite di Massimo Giannini, dando sfogo alla pancia (potremmo scegliere anche organi meno nobili) di una certa sinistra che riesce solo a demonizzare il nemico. Dopo gli insulti parte l'accorato appello per salvare la democrazia dall'imminente ritorno della dittatura: «Ho paura che, di fronte a un'assenza totale dell'opposizione, questa destra possa continuare a fare presa. La nostra società è a rischio». «Un'assenza totale dell'opposizione», attacca Strada. Che, forse, dimentica che la destra non è al governo, bensì all'opposizione. E, come se non bastasse - perché siamo un Paese che non vuole farsi mancare nulla -, abbiamo anche un'ampia schiera di oppositori all'opposizione (caso unico nelle democrazie occidentali): le sardine di Mattia Santori, i centri sociali, il vario associazionismo «civile», i No Tav e tutta la stampa e gli intellettuali di sinistra che non perdono occasione per evocare fasci, fez e camicie nere. Poi Strada passa al linguaggio che più gli appartiene, quello medico-scientifico: «Le mafie non c'entrano niente con i decreti sicurezza. Ma questo è tipico della diarrea verbale della destra populista». E, se esistesse un imodium per questa patologia da lui scoperta, gli consiglieremmo di autoprescriverselo. Ma Strada ne ha per tutti e scomoda persino la tragedia del nazismo per argomentare i suoi deliri: «C'è una logica fascista e razzista non soltanto nell'opposizione, ma anche nel governo. La logica che sta dietro a Prima gli italiani è la stessa che sta dietro a America first e che stava dietro a Deutschland über alles».

Nel frattempo, sono le undici di un assolato 18 febbraio, Liliana Segre, alla Sapienza di Roma, riceve la laurea Honoris causa in Storia dell'Europa. Una cerimonia di routine che però aveva scatenato più di una polemica. Nei giorni scorsi gli studenti di sinistra avevano criticato la scelta del ragazzo che avrebbe parlato a nome degli iscritti: Valerio Cerracchio, colpevole di essere stato eletto in una lista di destra.

Ci sono tutti gli elementi per un'altra giornata di odio e polemiche. Fuori dall'aula gli studenti di sinistra rumoreggiano: «Siamo qui per protestare contro la scelta di fare intervenire una persona vicina alla destra romana». Dentro, invece, va tutto bene. Come dovrebbe andare in un Paese normale. Liliana Segre, alla presenza del presidente della Repubblica, riceve l'attestato e lo dedica a suo padre: «L'uomo più importante della mia vita, ucciso per la colpa di esser nato». Poi si avvicina a Cerracchio, lo studente incriminato, il presunto fascista, e, come una nonna qualsiasi, gli dice: «Hai il ciuffo come mio nipote, posso darti un bacio o sono troppo vecchia?».

E in un attimo svanisce tutto l'odio, si placano le polemiche, si ammutoliscono le tifoserie, finisce in cantina quel clima da guerra civile permanente che fa sembrare gli italiani separati in casa e fa sentire quelli di destra, come scriveva Marco Tarchi, degli esuli in Patria. La Segre chiude la polemica con un bacio. Che è una lezione per gli haters di tutti i colori. E, per uno strano gioco del destino, uno schiaffo morale ai vari Gino Strada che continuano a seminare rancore e odio.

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