Ancora una volta hanno avuto ragione i cinici. Anche le battaglie di libertà hanno un prezzo, dipende da quello che ti offrono in cambio per rinunciarvi. Nel mondo disincantato e popolato da fantastiche creature, pronte a sostenere che non concederebbero mai e poi mai pezzi della propria vita privata pur nel mezzo di un'emergenza sanitaria, ad un certo punto volti l'angolo e scopri i suoi limiti.
Prendete la questione del cashback di Stato, il meccanismo per cui viene rimborsata direttamente sul conto corrente una percentuale delle spese sostenute per gli acquisti di Natale. Per accedere all'incentivo - ieri al debutto e pensato per favorire i pagamenti elettronici nei negozi fisici a scapito del denaro contante - è necessario scaricare l'app «Io» sul cellulare. Facile, no? Più o meno... Risultato, in un solo giorno qualcosa come 8mila italiani al secondo si sono fiondati a registrarsi, lasciando sulla piattaforma ogni tipo di dato personale. Una volta creata l'identità digitale Spid, bisogna favorire un malloppo di informazioni dal codice fiscale all'indirizzo di residenza, pin su pin, gli estremi di carte di credito e bancomat fino all'Iban del conto corrente. Ovviamente, per poter ottenere i rimborsi, pari al 10 per cento della somma spesa da qui al 31 dicembre, qualsiasi prodotto o servizio comprato risulta tracciato nel dettaglio (con data, ora, luogo e modalità di acquisto eccetera eccetera). Sei milioni di cittadini, 400mila nella mattinata di ieri, non hanno visto in tutto ciò alcuna minaccia alla privacy. Anzi, a dire il vero in tanti si sono lamentati. Ma perché non sono riusciti a completare l'iscrizione e a inserire nei campi previsti tutte le informazioni personali richieste. E che avrebbero rilasciato più che volentieri, se solo l'applicazione non fosse saltata puntualmente per aria com'era già successo per i 600 euro alle partite Iva ad aprile, per non parlare delle code virtuali ma pur sempre bibliche nel click day del 3 novembre, quando invece bisognava incassare il bonus per comprarsi una bici o un monopattino elettrico.
Venghino, signori, venghino... Il guaio è che in questa giostra tecnologica di flop l'unica applicazione fallita per il motivo opposto, ovvero per mancanza di pubblico interessato, è «Immuni». Cioè lo strumento di tracciamento che, almeno nella mente di chi l'ha partorito, avrebbe dovuto proteggerci dalla seconda ondata del contagio. E che invece la stragrande maggioranza degli italiani si sono ben guardati dallo scaricare. In sei mesi, solo in 10 milioni sono stati disposti ad ospitarne sul cellulare quell'icona con l'omino. Il resto della popolazione nisba. «Io dove vado e con chi sto a quei cattivoni che ci controllano non lo faccio sapere nemmeno sotto tortura», rivendicavano con orgoglio i paladini della Riservatezza contro la Spectre del Covid, e pazienza se poi hanno il telefonino che impazzisce di notifiche dal giochino passatempo all'app di incontri geolocalizzata al metro quadrato.
Quisquilie, oggi il Paese piegato dai lockdown a oltranza decisamente meno preoccupato dal difendere il principio del Sé e quindi
affolla l'«Io». Con buona pace di Jung e delle sue teorie, il governo ha messo in palio la bellezza di 150 euro e occorre andare a prenderseli. Nell'era dei mercanti digitali sappiamo anche quanto costa una libbra di privacy.
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