I dati sul calo della natalità italiana la dicono lunga sulla nostra società e sulla crisi che sta vivendo. L'Italia è sempre più vecchia e sempre meno orientata al futuro. Questo svuotarsi delle culle non è sorprendente, se siconsidera che il nostro Paese non offre grandi opportunità alle giovani generazioni: molti vanno via e anche chi rimane guarda al domani con apprensione, e per questo motivo spesso non fa figli. Ci sono certamente fattori culturali all'origine di questa nostra sterilità, ma al tempo stesso è chiaro come molto dipenda anche da una stazione economica disastrata, figlia dello statalismo imperante.
In questo quadro è interessante rilevare come inizi a calare anche il numero dei figli delle coppie immigrate. Per quale motivo? È ragionevole supporre che questo dipenda dall'adattarsi della popolazione straniera a una dimensione sociale, la nostra, nella quale un bambino è un onere significativo. Nelle comunità tradizionali, in larga misura agricole e ad alta mortalità infantile, avere un figlio significa potere disporre di un aiuto, ma da noi le cose sono diverse.
Questo cambiamento rilevato dall'Istat deve aiutarci a riflettere su una cosa: e cioè che non ha proprio fondamento la tesi secondo cui gli immigrati dovrebbero essere attirati qui da noi e in numero sempre crescente, perché possano finanziare le nostre pensioni. Come è normale che sia, gli immigrati che vivono del proprio lavoro a Milano o Torino non sempre possono e vogliono avere quattro o cinque figli: come magari accadeva ai loro genitori. Questi dati, insomma, ci mostrano che non si esce dal disastro pensionistico nazionale prendendo la strada di un'immigrazione fuori controllo.
Quello dell'immigrazione non è un tema facile. Si pensi a quanto le famiglie italiane, ad esempio, dipendano ormai dal lavoro di tutte quelle donne (dell'Est, delle Filippine, dell'Africa sub-sahariana ecc.) che si prendono cura delle persone di età avanzata ed evitano loro, in tal modo, la soluzione delle residenze per anziani. Chiudere del tutto le frontiere è impossibile e assurdo, ma allo stesso modo non si deve ritenere che chiunque possa venire a vivere in Italia e che questo non crei problemi di convivenza e integrazione. Nello specifico, poi, è davvero cinico e irresponsabile pensare che si debba caricare sulle spalle di popolazioni straniere l'onere di una previdenza fallita perché collettivizzata. Questo mix di buonismo e cinismo, all'origine della tesi secondo cui dovremmo aprire le porte a tutti, trova oggi anche una parziale smentita fattuale in questa popolazione straniera che si riproduce meno di quanto non si pensasse.
Il problema pensionistico va allora affrontato diversamente:
cominciando a riflettere in che modo ci si potrà affrancare dall'onere di finanziare l'Inps e si potrà responsabilizzare ognuno di noi, affinché non si illuda che altri siano obbligati a preoccuparsi di lui quando sarà vecchio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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