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Sequestrata, drogata e picchiata da un marocchino: il racconto choc della vittima

Tenuta prigioniera in un pollaio tra violenze e umiliazioni: l'incubo vissuto da una donna romena, che ha indicato un marocchino 59enne come il suo carceriere. "Tu sei solo mia, se scappi ti ammazzo", la minacciava lui

Sequestrata, drogata e picchiata da un marocchino: il racconto choc della vittima

"Ti ammazzo se cerchi di andare via", le ripeteva l'aguzzino. Poi la picchiava al minimo tentativo di ribellione e le forniva della cocaina. Lei, tenuta prigioniera in un casolare disabitato a San Bonifacio (Verona), per una settimana aveva dovuto subire violenze e umiliazioni. L'inferno è finito venerdì scorso, 5 agosto, quando la vittima - una donna di origini romene - è riuscita a libearsi e a chiedere aiuto. Sulla base della sua testimonianza, i carabinieri hanno arrestato un marocchino 52enne, Mohammed Mobsit, spacciatore pregiudicato inidiziato come carceriere. Nei confronti di quest'ultimo le autorità hanno infatti mosso una raffica di accuse, dal sequestro di persona alla tentata violenza sessuale, dalle lesioni alla cessione di droga, dal furto alla rapina fino al danneggiamento.

Tutte fattispecie di reato legate proprio a quella drammatica vicenda consumatasi nel corso di sette interminabili giorni. Secondo quanto raccontato agli inquirenti, la vittima conosceva superficialmente da un anno l'uomo da lei indicato come il proprio aguzzino. Il sequesto, come riferito dalla romena, era scattato dopo una serata a base di droga avvenuta in quel casolare abbandonato a San Bonifacio. C’erano anche altri partecipanti, Mobsit avrebbe portato la droga, ma non tutti ne avrebbero fatto uso. La vittima però sì. "L'ho pagata 70 euro, poi mi sono addormentata. Quando l'indomani mi sono svegliata, la mia amica e le altre persone non c’erano più, mentre io ero chiusa lì dentro, senza finestre, senza vestiti, senza telefono, c’erano catene alle porte", ha raccontato lei stessa.

Era così iniziato il suo incubo. Il marocchino, stando a quanto riferito, l'avrebbe spogliata dei vestiti e del telefono, così che non potesse ribellarsi o scappare. "Tu sei solo mia, non andrai mai via di qui, d’ora in poi la tua famiglia sono io", le avrebbe detto, minacciandola. La vittima ha anche raccontato che più volte il suo carceriere avrebbe preteso rapporti sessuali. "Io però mi sono sempre rifiutata e per questo mi ha ripetutamente colpita con calci e pugni", ha testimoniato. Prima che riuscisse a fuggire, l'uomo si era anche accorto di un suo tentativo di afferrare il telefonino che le aveva sottratto, per chiedere aiuto. La reazione era stata furibonda. "Ha cercato di strangolarmi, ha usato un cavo della corrente", ha detto la vittima.

La donna ha anche raccontato che il marocchino le forniva della droga, che lei assumeva "solo per fronteggiare l’incubo che stavo vivendo". Nel corso dell’interrogatorio davanti alla gip Maria Cecilia Vitolla, l'uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Dal magistrato è stata disposta la custodia cautelare in cella per i gravi indizi e il rischio di reiterazione. Intanto la vittima è stata è stata sottoposta ad accertamenti medici: sul suo corpo sono state riscontrate ecchimosi, lesioni da strangolamento, contusioni multiple, segni di percosse. Ai soccorritori, era sin da subito apparsa in evidente stato di choc, dopo che era stata lei stessa a riuscire a liberarsi dalla prigionia.

Il 5 agosto scorso, dopo una settimana di angherie, la donna aveva approfittato di un attimo di distrazione del

suo carceriere e si era precipitata in strada a chiedere aiuto. Lui, accorgendosi a quel punto di avere poco tempo per la fuga, aveva tentato di scappare seminudo nella vegetazione. I carabinieri lo hanno fermato poco dopo.

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