"La sicurezza è provata. L’obbligo di vaccino è una strada legittima"

Il farmacologo: "Per la scienza non ci sono dubbi, ma prima vanno colmate altre lacune"

"La sicurezza è provata. L’obbligo di vaccino è una strada legittima"

La scelta di imporre l’obbligo vaccinale sarà politica. Ma la scienza cosa dice? Lo abbiamo chiesto al farmacologo Silvio Garattini, fondatore dell’istituto Mario Negri, che non ha mai fatto segreto di considerare la misura come «l’ultima spiaggia».

Ora che Pfizer ha ufficialmente concluso la fase sperimentale, sarà più facile decidere per l’obbligo?

«La sicurezza dei vaccini è comprovata. Lo dicono i numeri. Ed è più probabile morire cadendo dal letto che assumendo un vaccino anti Covid. Insomma, è più pericoloso prendere l’aereo che recarsi a un hub vaccinale».

Cosa manca perché il Governo passi da un green pass sempre più restrittivo a un obbligo vaccinale?

«Per la scienza il vaccino è già legittimo. Diventerà legittima anche la sua obbligatorietà nel momento in cui avremo fatto di tutto per evitarla».

E abbiamo fatto di tutto?

«No, affatto. C’è una voragine immensa da colmare prima di affermare che abbiamo fatto il possibile».

Cominciamo l’elenco delle cose da fare.

«L’Ordine dei medici dovrebbe prendere provvedimenti contro i sanitari che non si vaccinano o che dicono ai pazienti di seguire terapie con farmaci che non sono scientificamente utili. E inoltre manca un piano d’emergenza sanitario. Sembra paradossale ma non lo abbiamo ancora. Dovremmo seguire il modello militare: abbiamo aerei e carri armati per prevenire il rischio di una guerra e non abbiamo un piano di emergenza per epidemie e allarmi sanitari».

E poi?

«Poi non abbiamo sedi dove produrre i vaccini. Significa che se si farà la terza dose o se arriverà un’altra variante, saremo in balia dei tempi e dei prezzi delle multinazionali. Invece dovremmo poter produrre le fiale in autonomia. Altra cosa da fare: vaccinare tutto il mondo. Altrimenti continueranno a tornare in Italia nuove varianti rischiando di mandare all’aria gli effetti della nostra campagna vaccinale».

Quanto manca all’«ultima spiaggia» per far scattare l’obbligo?

«Non sono un indovino ma al momento non ci sono ancora condizioni così gravi. Dobbiamo però saper leggere bene i numeri: è vero che i vaccinati sono 38 milioni ma, essendo al 90% l’efficacia del virus, 4 milioni di questi si ammalano comunque e si vanno aggiungere a quei 22 milioni di persone non vaccinate che permettono al virus di circolare. Quindi piano prima di parlare di immunità al 70% a settembre».

L’obbligo non ci permetterebbe di giocare d’anticipo rispetto alle possibili prossime varianti?

«Credo sia prima più urgente acquistare le dosi per i paesi a basso reddito. Sul gioco d’anticipo vedo che in Gran Bretagna ci sono una trentina di laboratori al lavoro per studiare quelle che saranno le nuove varianti. Da noi no. Ci limitiamo ancora al semplice tracciamento a posteriori».

Altra mossa da fare prima dell’obbligo sarebbe convincere gli indecisi. Perché non ci siamo riusciti fino ad ora?

«È stato un errore non coinvolgere la popolazione. Mi spiego. Abbiamo strutturato le aperture delle attività sulle pressioni politiche. Invece potevamo dire: quando abbiamo raggiunto il 50% della copertura vaccinale apriamo alcune attività, quando abbiamo raggiunto il 60% ne apriamo altre. E così via, spronando la gente a vaccinarsi».

E invece la gente ha perso fiducia.

«Al netto dei no vax - che restano inconvincibili e che stanno creando un movimento aggressivo per fare confusione - molte persone hanno perso fiducia per il caos comunicativo degli ultimi mesi: Astrazeneca che diffondeva comunicati e dopo pochi giorni cambiava posizione, i bollettini che hanno snocciolato tanti numeri ma non hanno dato spiegazioni. Insomma, è mancata una figura che rappresentasse un solo punto di riferimento e che fornisse spiegazioni unitarie».

Cosa pensa del green pass.

Ha senso?

«Credo che sia stato un errore comparare le vaccinazioni certificate dal green pass con il tampone valido 48 ore. La vaccinazione è prevenzione, il tampone fotografa solo un momento e non è una garanzia».

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