C'è un riga sottile, invisibile, che traccia la vita delle persone. Qualcuno la chiama "fatalità" ma per molti altri, specie per chi domenica si trovava sulla Marmolada ed è scampato alla tragedia per un soffio, la casualità ha il sapore del miracolo. Come la storia del bimbo di 9 anni che, nella tarda mattinata di ieri, era stato inserito nella lista dei dispersi. Per fortuna, invece, era rientrato a casa con i genitori prima che quel bolide di ghiaccio travolgesse alcuni alpinisti in risalita verso la cima della montagna: 7 è il numero delle vittime accertate, ancora 13 coloro che mancano all'appello.
Il racconto dei sopravvisuti
"Qualche metro più giù e saremmo stati travolti anche noi - racconta al Corriere della Sera un signore francese con accanto la moglie - ho visto una ragazza disperata mentre il suo compagno era intrappolato sotto il ghiaccio. Sono stato io a liberarla dalla corda con la quale era ancora legata". Come lui, tanti altri stranieri hanno assistito attoniti alla tragedia: una massa di ghiaccio che si stacca dalla montagna in pochi secondi e precipita come una gigantesca scheggia impazzita. Un signore sloveno ha letteralmente sfiorato la tragedia: i detriti gli hanno sfregiato la pelle ma, per fortuna, è riuscito a evitare il peggio. "Era frastornato. Ha tirato su la maglietta e mi ha fatto vedere le ferite ancora sanguinanti. - ricorda era il capoufficio stampa del Soccorso Alpino Valter Milan - Gli ho detto di andare a farsi medicare, ma ha farfugliato qualcosa ed è subito andato via".
"Abbiamo visto la valanga"
Tra i superstiti c'è chi è riuscito a mettersi in salvo una manciata di secondi prima che la valanga venisse giù. "Io e altri cinque del mio gruppo siamo dei miracolati. - racconta il direttore delle escursioni Cai di Malo, Alberino Cocco - La zona incui è avvenuto il distacco del seracco l'abbiamo attraversata nella giornata di sabato, 24 ore prima del disastro. E ciò per puro caso: avevamo trovato un posto per dormire solamente per la notte tra venerdì e sabato". Anche l'ingegnere veneto Stefano Dal Moro e la compagna israeliana sono tra i fortunati: erano appena 100 metri più in alto rispetto al punto in cui le due cordate sono state travolte dal profluvio ghiacciato. "Tutto frutto del caso - dice Dal Moro - bastava rinunciare al dolce o al caffè e scendere a valle dieci minuti prima, per ritrovarci sotto la montagna di ghiaccio".
I secondi hanno fatto la differenza anche per l'escursionista Alicia Chiodi: "Mi sento particolarmente fortunata: tempi diversi, scelte diverse e sarebbe capitato a noi. In montagna ci vuole sempre un po' di fatalismo, perché puoi valutare i rischi ma alcune cose sono imponderabili".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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