Il sogno infranto di un giorno con politici zitti

Il sogno infranto di un giorno con politici zitti

La tranquillità di un sabato mattina di vigilia elettorale viene presto «turbata» dalle storie di Instagram di leader e candidati. Vuol dire che la principale minaccia per il pluralismo dell'informazione non si annida nei giornali e nelle tv, semmai è installato nei nostri telefonini. Se l'atto di costituzione della Comunità economica europea, il Trattato di Roma del 1957, rappresenta un patto antico e da difendere, c'è una legge sul silenzio elettorale che lo precede di un solo anno: quella che impone il silenzio elettorale nella giornata precedente all'apertura dei seggi. Principio illusorio e anacronistico oppure da salvaguardare anche nell'era della connessione e della condivisione, in ogni caso è stata un'occasione persa.

Per carità, ci si credeva poco al sogno di trascorrere ventiquattro ore senza una rissa verbale tra i due vicepremier separati in casa, una minaccia di far saltare il banco l'indomani, un'accusa incrociata, una parolaccia ricambiata, la foto di un bacio con la bionda fidanzata e un selfie dal lettino dei donatori del sangue. Questa campagna per le Europee è stata un parto complicato e doloroso, durato praticamente nove mesi, da quell'annuncio di Luigi Di Maio di aver «abolito la povertà». Poi, non ci siamo fatti mancare niente. I gialloverdi hanno litigato su qualsiasi cosa, dai sottosegretari indagati ai clandestini mai espulsi, dal reddito di cittadinanza campa-fannulloni a quota 100 che fa sballare i conti, dalle «manine» birichine che stravolgono i decreti alla Tav non s'ha da fare, dalla chiusura dei negozi la domenica all'apertura dei porti per i migranti. Le idee sul futuro dell'Unione europea? Non pervenute, a parte rare eccezioni. L'elenco delle scaramucce è lungo e infatti il siparietto tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio «official» è continuato anche nel fine settimana prima del voto, in un eterno rincorrersi e rincorrere follower. Perché, non sia mai, un giorno dedicato al silenzio e alla riflessione sui programmi è un giorno perso nella campagna elettorale permanente in cui versa il Paese. Su Twitter e Facebook va in scena un faccia a faccia virtuale senza interruzioni, mentre sui media tradizionali si pesano gli aggettivi e si mettono al bando le percentuali dei sondaggi. È il paradosso di una Ue a due velocità, sicuro, ma tra la giungla dei regolamenti per la comunicazione «offline» e l'anarchia dei social network. E in Italia non sarà una norma che arriva dagli anni Cinquanta a fermare i politici con i loro scatenati social media manager.

Forse non è un caso che tra i santi patroni d'Europa citati dal capitano

della Lega in piazza Duomo non ci fosse Sant'Agostino, che non s'interrogava certo sull'ascesa dei populismi ma considerava: «Anche immerso nelle tenebre e nel silenzio io posso, se voglio, distinguere il bianco dal nero».

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